Processo Eternit bis, la Cassazione decide sull'omicidio colposo o volontario
Se la Corte Suprema accogliesse il ricorso della Procura, il processo a Stephan Schmidheiny ripartirà
di Valentina Renzopaoli
Morti per amianto, arriverà mercoledì la decisione della Corte di Cassazione sul processo Eternit bis che vede imputato il magnate svizzero Stephan Schmidheiny.
La decisione della Suprema Corte riguarderà, in particolare, il reato contestato nel procedimento, dopo che il gup di Torino Federica Bompieri, nel novembre 2016, riqualificò l'ipotesi di omicidio volontario in quella di omicidio colposo, in relazione alla morte di 258 persone provocata dall'amianto negli stabilimenti italiani Eternit e nei territori limitrofi.
A presentare ricorso, impugnando la pronuncia del gup, è stata la Procura generale di Torino, con un atto sottoscritto dal pg Francesco Saluzzo, dal sostituto pg Carlo Maria Pellicano e dal pm Gianfranco Colace: l'udienza, fissata per mercoledì 13 dicembre davanti alla prima sezione penale, si svolgerà a porte chiuse e il verdetto potrebbe arrivare soltanto il giorno dopo. Se il ricorso dovesse essere accolto, il processo ripartirà da Torino con l’ipotesi di omicidio a carico di Stephan Schmidheiny.
Il processo Eternit bis ha preso il via nel maggio 2015: unico imputato Schmidheiny, condannato in appello a Torino a 18 anni di carcere per il reato di disastro ambientale, dichiarato poi prescritto in Cassazione nel novembre 2014. La Corte specificò che non erano stati "oggetto del giudizio i singoli episodi di morti e patologie sopravvenuti. Il pm Raffaele Guariniello, oggi in pensione, decise quindi di contestare all'imputato l'omicidio doloso aggravato: i casi all'esame dei giudici riguardano 258 decessi, di ex lavoratori e di residenti, avvenuti tra il 1989 e il 2014, per mesotelioma pleurico causato dall'amianto. L'iter del procedimento è stato complesso e pieno di ostacoli: oltre a diverse eccezioni di competenza territoriale, la difesa dell'imprenditore avanzò in udienza preliminare un'istanza di annullamento del processo, sulla base del principio del "ne bis in idem", per cui non si può essere processati due volte per lo stesso fatto. Un "nodo", questo, sciolto solo dalla Corte Costituzionale nel luglio 2016, quando, con una complessa sentenza, si stabilirono i criteri in base ai quali il gup avrebbe potuto discernere tra i vari episodi contestati: in sostanza, almeno per le morti avvenute dopo la chiusura del primo processo, non si applica il "ne bis in idem".
Dopo la sospensione necessaria per attendere la decisione della Corte Costituzionale, si arrivò, il 29 novembre 2016, alla pronuncia del gup torinese: l'accusa venne derubricata da omicidio volontario a colposo e il procedimento a carico di Schmidheiny "spezzettato" in 4 diversi filoni e assegnato ad altrettanti uffici giudiziari per competenza territoriale: Torino, Reggio Emilia, Napoli e Vercelli, (quest'ultima si occupa dell'area di Casale Monferrato, la cittadina dell'Alessandrino che ha pagato il prezzo più alto per morti di amianto). Essendo venuta meno, con la decisione del gup, l'ipotesi del dolo, è caduta anche la formula della continuazione tra i reati contestati: per questo, ogni tribunale competente dovrà pronunciarsi sui singoli casi di decesso avvenuti nel suo distretto. Il verdetto che si attende dalla Cassazione, dunque, appare centrale per il futuro del processo Eternit bis: se la Suprema Corte accoglierà le tesi sostenute dai pubblici ministeri torinesi, si potrebbe anche tornare al maxiprocesso che era stato inizialmente avviato.