Roma

Proteste contro il Dpcm Conte: Roma prepara la sua rivolta e reclama reddito

Andrea Catarci analizza le proteste dei giorni scorsi: “La piazza di Roma chiede reddito e pratica solidarietà, non è quella egemonizzata dall’estrema destra”

di Andrea Catarci *

Ci sono state tante mobilitazioni in questi giorni, a seguito della crescita dei contagi Covid e delle chiusure decretate dal governo Conte. Hanno mostrato molteplici sfaccettature, nonostante la narrazione mediatica abbia optato per la semplificazione. Nelle grandi città il carattere delle mobilitazioni è stato fortemente ambivalente.

A Napoli nella notte del 24 ottobre si sono mossi due cortei distinti a cui si sono unite centinaia di persone, non solo ultras, neofascisti e piccola/grande criminalità. Uno si concentrava sulla richiesta di cancellare le chiusure nelle ore serali ed era animato in particolare da commercianti, piccoli imprenditori e lavoratori della ristorazione e del turismo; l’altro metteva insieme questione sanitaria e reddito dietro lo striscione “La salute è la prima cosa ma senza soldi non si cantano messe” ed era promosso da gruppi dell’antagonismo sociale. Entrambe le iniziative avevano lo stesso obiettivo, la sede della regione Campania, entrambe si sono concluse con scontri e lacrimogeni. Come è stato sottolineato da diversi commentatori c’erano per lo più giovani under 40, finiti senza un lavoro, che era legato prevalentemente alle economie del cibo e della ricezione breve.

A Milano a manifestare e a scontrarsi con la polizia il 26 ottobre sono stati prevalentemente adolescenti, qualche centinaio, senza striscioni, gridando insulti a Conte alternati a “libertà, libertà”. Tra i denunciati figura qualche nome riconducibile al mondo ultras, alcuni neofascista e anche esponenti di circoli anarchici ma la descrizione più significativa è quella fornita da Radio Popolare: “Non ci sono stati slogan con riferimenti politici classici e se tra loro c’era qualcuno più politicizzato a trainare gli altri era molto ben camuffato. C’erano ragazzi col piumino, giubbotti neri, jeans aderenti, tute Adidas, di quelli che trovi a fare lo struscio il sabato pomeriggio al centro commerciale…C’era anche una componente di origine nordafricana piuttosto vivace…gruppi di amici, compagnie che si sono date appuntamento per lasciare un segno”.

A Torino nella stessa serata si sono tenute due diverse proteste, una in uno dei luoghi della movida, conclusa senza momenti di tensione, l’altra intorno al palazzo della regione Piemonte che si è trasformata in un campo di battaglia, con la contraddizione evidente di essere partita da esercenti e commercianti ed essersi conclusa con la frantumazione di vetrine e assalto alle merci. Per Marco Revelli - docente universitario, sociologo e politologo che alle dinamiche torinesi ha sempre dedicato particolare attenzione - pur senza negare la presenza di “hooligans da stadio e qualche piccolo pregiudicato”, gli eterogenei protagonisti sono stati “ceti di diversa fortuna pur accomunati dall’appartenenza alla medesima filiera commerciale, ristoratori, pizzaioli, baristi, mescolati a adolescenti incazzati e al pulviscolo sociale”. D’altronde, anche la manifestazione svolta senza scontri era un “miscuglio eterogeneo di figure sociali anche molto diverse tra loro, fisicamente contigue […] ma lontane miglia e miglia per reddito, status e posizione”.

In alcune città dell’Italia centrale le mobilitazioni hanno assunto per lo più la forma di veglie e sit in svolti in forma pacifica, con la prevalenza di ristoratori, gestori di impianti sportivi, teatri e cinema, piccoli artigiani e commercianti.

La piazza di Roma chiede reddito e pratica solidarietà, non è quella egemonizzata dall’estrema destra

A Roma in un paio di occasioni la presenza di esponenti di alcune categorie colpite dai provvedimenti e di qualche singolo è stata scoraggiata da un centinaio di neofascisti, che hanno fatto ricorso al lancio di oggetti e a fuochi pirotecnici. Per il 31 ottobre invece è prevista, simultaneamente ad altre città, "Roma scende in piazza perché se tu chiudi, tu ci paghi". A promuoverla ci sono collettivi studenteschi, movimenti di lotta per la casa, centri sociali, reti territoriali, esponenti dell’associazionismo, del civismo e del sindacalismo di base, realtà che nei mesi della pandemia sono stati tra i principali animatori delle azioni di solidarietà attiva e che ora riprendono parola e azione. E’ la manifestazione di chi “crede che il Covid sia un nemico comune, pericoloso e assassino”. Per questo, si legge nell’appello, servono “misure di contenimento sanitario ancora più efficaci ma servono anche le risorse per permettere di stare a casa senza perdere tutto”, perché "in questo paese i soldi vanno presi lì dove sono" e “abbiamo bisogno che gli affitti vengano bloccati, che vengano calmierati i prezzi delle bollette, aumentati i trasporti pubblici, potenziata la sanità e scuola”. In particolare il richiamo è a una patrimoniale, per ottenere risorse da redistribuire subito in aggiunta ai soldi promessi per il futuro dalle istituzioni europee, come fatto nella vicina Spagna dove il governo guidato da Sanchez (Socialisti) e Iglesias (Podemos) ha approvato una serie di misure tra cui un aumento delle tasse per i redditi più alti, la riduzione delle esenzioni per le plusvalenze dei grandi gruppi e un prelievo sui patrimoni.

Il messaggio al governo Conte è forte e chiaro: i 5 miliardi del decreto “Ristoro” a risarcimento delle attività colpite sono necessari ma insufficienti. L’urgenza è quella di un reddito per tutti, per non lasciare indietro nessuno e avere il tempo di rimediare ai ritardi accumulati in tema di sanità, trasporti, istruzione.

"Vogliamo un reddito universale - scrivono -, una patrimoniale, lo stop a sfratti e sgomberi". Se non ora, quando?

* Andrea Catarci, coordinatore del Comitato scientifico di Liberare Roma