Roma
"Questo libro fa schifo, è troppo lungo". L'Arte della gioia, romanzo di un fallimento
La recensione. Così gli editori motivavano il no a un manoscritto
di Patrizio J. Macci
Dal 1967 al 21 ottobre del 1976 Goliarda Sapienza lavora alla stesura del suo romanzo "L'arte della gioia", seguono due anni di paziente e dolorosa revisione del testo. Il romanzo è pronto per le stampe all’inizio dell’estate del 1978. Goliarda invia il dattiloscritto in prima battuta a Enzo Siciliano, che aveva curato l’editing del suo primo lavoro "Lettera aperta" e, insieme ad Attilio Bertolucci, caldeggiato la sua pubblicazione presso Livio Garzanti nel 1967.
Da qui in poi comincia la sua via crucis: colleziona dal 1978 al 1985 una sfilza di rifiuti editoriali vergati su carta con intestazione commerciale e firma del mittente. Li ha raccolti in un libro prezioso per la fattura, perché riproduce tutti gli originali che è stato possibile recuperare oltre alle testimonianze orali di Angelo Pellegrino compagno della scrittrice, Croce Editore: "Cronistoria di alcuni rifiuti editoriali dell'arte della gioia" di Goliarda Sapienza e Angelo Pellegrino con una cronologia bio-bibliografica di Salvatore Asaro in libreria a giugno.
Umberto Eco ha scritto in un prezioso libretto "Chi manoscrive è perduto". L'autore che invia la propria opera a un editore rischia di rimanere (meritatamente, secondo Eco) ignoto. Peggio che gettare una bottiglia con un messaggio in mare. Ma l'autrice in quel momento è tutto tranne che ignota. Nonostante i suoi sforzi, è un muro quello che si erge davanti alle richieste della Sapienza. Ma Goliarda non si da per vinta davanti alle risposte negative, smuove mari e monti bussa perfino alla segreteria del presidente della Repubblica Pertini. Suona alle porte di amici e conoscenti del rutilante mondo delle lettere: scrive ad Antonio Ghirelli capo ufficio stampa del Presidente che gira il volume alla Rusconi, telefona a Inge Feltrinelli, ha un incontro "turbolento" con Sergio Pautasso editor della Rizzoli, arriva fino al "mitologico" Alcide Paolini della Mondadori ma la risposta è sempre la stessa. Anche Erich Linder, il principe degli agenti editoriali dell'epoca getta la spugna. A un certo punto sembra che gli Editori Riuniti accettino di pubblicare il romanzo, ma anche questa volta la realizzazione naufraga. Seguono depressioni, incazzature e lettere al vetriolo con insulti firmati di pugno dalla Sapienza che con ostinazione propone tagli e proposte di dimagrimento del volume. La tenacia e la forza con la quale cerca di portare avanti le sue ragioni, le faranno guadagnare il soprannome "La Gattoparda".
Il motivo ostativo fondamentale alla pubblicazione dell'opera rimane uno solo: l'eccessiva lunghezza. Gli editori, calcolatrice alla mano, snocciolano i costi esorbitanti di un'eventuale pubblicazione su carta. Il libro viene giudicato un tanto al chilogrammo, come fosse un prodotto alimentare. La maggior parte degli editori nelle lettere restituisce l'impressione di non aver neanche cominciato a leggere il libro.
Goliarda Sapienza muore nel 1996 e "L’Arte della gioia" finisce impacchettato in una cassapanca dello studio di Angelo Pellegrino per molti anni. Vede la luce solo nel 1998, quando per impulso dello stesso Pellegrino ne viene pubblicata un'edizione di mille copie col marchio di Stampa Alternativa. La tiratura viene letteralmente bruciata dai lettori in poco tempo, il passaparola fa il resto.
Ma la storia burrascosa del libro non è ancora finita; bisogna aspettare il 2008 quando finalmente l'editore Einaudi (anche lui tra quelli che lo aveva respinto senza appello tanti anni prima) lo inserisce nella sua collana di narrativa restituendogli la luce che merita.
Per i "manoscrittari" del terzo millennio un libro da spulciare come monito: nelle redazioni oltre a non leggere quasi più nulla nessuno, le lettere di rifiuto "ad personam" sono estinte. Quindi oltre ai libri che ingiustamente non vedranno mai la luce per selezione naturale, non ci sarà neanche mai più l'affascinante romanzo di un fallimento editoriale, con lieto fine, come quello dell'Arte della gioia.