Roma

“Raggi è una minaccia per Roma”. La replica a Zingaretti: “Pensa al lavoro"

Virginia Raggi dà lezioni di eleganza a Zingaretti che l'ha accusata di essere una minaccia per Roma. “La vera minaccia sono i Casamonica e le parole pesano”

Gelida come un killer professionista, Virginia Raggi replica a Nicola Zingaretti che dallo studio di Ballarò ha accusato il sindaco di “essere una minaccia per Roma”. Un lungo posto nel quale spiega al presidente della Regione Lazio che nella sua città le vere minacce sono la malavita e la difficoltà di trovare un lavoro.

Ma il sindaco non cade nella trappola e all'insulto replica con aplomb istituzione, costringendo l'ex segretario del Pd all'angolo. Con una lezione di civiltà e bon ton.

Scrive la Raggi: “Le parole hanno un peso. Le parole sono pietre. Le parole colpiscono, feriscono, fanno male. Le parole hanno delle conseguenze nella vita delle persone. Le parole non sono chiacchiere. Ieri Nicola Zingaretti, ospite di Ballarò su La7, ha rivendicato con orgoglio di essere stato “il primo a dire che consideravo la ricandidatura di Virginia Raggi una minaccia per Roma”. Una minaccia. Sì, proprio così: una minaccia.

Secondo Zingaretti, quindi, la “minaccia” per Roma non è rappresentata dalla malavita o magari, in senso lato, dalla difficoltà di trovare un lavoro per i cittadini. No, per Zingaretti la “minaccia” per Roma è rappresentata da una giovane donna finita sotto scorta per aver dichiarato guerra alla criminalità organizzata. Politicamente si possono avere opinioni diverse ma non è lecito provare ad emarginare una persona che – al di là delle opinioni politiche – è realmente “minacciata” dalla criminalità. La “minaccia” è quella dei Casamonica di voler mettere una bomba sotto l’automobile di Virginia Raggi.

raggi casamonica fb 02
 

Ps: Una minaccia per la Treccani è “l’atto di minacciare, le parole con cui si minaccia, e in genere il fatto di promettere o annunciare un male, un danno, un castigo”. “In diritto penale – precisa - il delitto commesso da chi provoca in altri il timore di un ingiusto danno, prospettando in qualunque modo, con parole, gesti, scritti, un male futuro e indebito, la cui realizzazione dipenda esclusivamente dalla volontà di chi minaccia e che sia di tale rilevanza da turbare obiettivamente la tranquillità della vittima”. “In senso figurato – si legge ancora - pericolo incombente, annuncio più o meno esplicito di un male, di un danno”.

Ps 2: Carlo Levi intitolò un suo libro “Le parole sono pietre”. Il titolo si deve ad una frase pronunciata da Francesca Serio, madre di un sindacalista ucciso dalla mafia e icona della lotta alla criminalità in Sicilia negli anni ’50. “Così questa donna si è fatta in un giorno: le lacrime non sono più lacrime ma parole, e le parole sono pietre…”.