Roma

Raggi sindaco, Alemanno: “Un'esperienza da incubo, i 5Stelle sono psicotici”

Alemanno replica con i dati dell'Agenzia dei servizi pubblici alle accuse di Pacetti di essere il peggior sindaco dal 1870. Il dibattito si infiamma

Roma, si infiamma il dibattito sul futuro sindaco di Roma. Dopo l'intervento del capogruppo M5S, Giuliano Pacetti, che ha accusato Gianni Alemanno di essere il "peggior sindaco di Roma dal 1870", arriva la replica dell'ex sindaco che risponde per le rime. E cita i dati dell'Agenzia comunale sulla qualità della vita paragonando la sindacatura Alemanno con quella Raggi e ricordando Mafia Capitale, Luca Odevaine e l'annosa questione di Roma Capitale, oggi tornata d'attualità. Da Gianni Alemanno, riceviamo e pubblichiamo.

di Gianni Alemanno *

I soldatini che si sacrificano sull’altare di battaglie perse in partenza, meritano sempre rispetto. Anche quando – come nel caso di tal Giuliano Pacettti, capogruppo 5 Stelle in Campidoglio, sceso in campo per difendere la ricandidatura di Virginia Raggi – danno evidente prova di confusione mentale e distacco psicotico dalla realtà.

Ma dato che il Capogruppo pentastellato, tra le varie iperboli di cui ha infarcito il suo articolo, definisce la mia sindacatura come “la peggiore dal 1870”, qualche risposta se la merita pure. Innanzitutto con le cifre, che qualcosa dovrebbero contare più delle opinioni personali e dei luoghi comuni.

Esiste dal 2002 l’”Agenzia per il controllo dei servizi pubblici locali di Roma Capitale” (A.Co.S.) un’agenzia pubblica istituita dal Comune per raccogliere in modo scientifico i giudizi dei romani sulla qualità della vita in città in base al funzionamento dei servizi pubblici. Ebbene, basta andare sul sito dell’Agenzia (www.agenzia.roma.it) per vedere in bella mostra il grafico che riportiamo qui sotto (fig.1)

qualità della vita roma 2019
 

da cui si evince che la qualità della vita a Roma (prima del Covid-19) è scesa drasticamente dal 6,2 del 2012 (ultimo anno “completo” della mia sindacatura) al 5,3 rilevato nel 2019, dopo tre-quattro anni di Giunta Raggi. Se poi facciamo un po’ di ricerca nell’archivio della suddetta Agenzia (fig.2)

qualità della vita roma 2018
 

scopriamo che tutti e cinque gli anni della giunta di centro-destra hanno valutazioni dei romani superiori non solo agli anni di Marino e della Raggi, ma anche all’ultimo periodo della giunta Veltroni.

Attenzione, nessuna trama dei “poteri forti” dietro a questi dati: il Presidente monocratico dell’Agenzia dal 2017 è Carlo Sgandurra, scelto dall’Assemblea capitolina a maggioranza grillina per la “riconosciuta professionalità e competenza nella materia dei servizi pubblici”. Quindi le rilevazioni che abbiamo citato sono state fatte, con molta onestà, da un’Agenzia guidata da un uomo scelto dai consiglieri comunali del Movimento 5 Stelle.

Immagino la replica: “Hh, ma voi avete avuto Mafia Capitale”. Certo, peccato che Mafia Capitale per sentenza della Cassazione non sia più mafia (e bastava un bambino a capirlo, anche prima di questa sentenza e senza giungere a infangare il nome di Roma nel mondo) ma solo un piccolo intreccio di corruzione, nettamente inferiore, per dimensione finanziaria e qualità degli interessi in gioco, allo scandalo sullo Stadio della Roma che ha investito l’amministrazione Raggi e portato alla sbarra uno dei suoi personaggi di punta, come l’ex-presidente di Acea Luca Lanzalone.

La Raggi e il vice-sindaco Frongia se la sono cavata con un avviso di garanzia, io – come accade a tutti i governanti di centro-destra – mi sto misurando con la massima ostilità dei Tribunali (ma, state tranquilli, alla fine del mio Calvario riuscirò a dimostrare la mia innocenza). E penso che anche le amministrazioni di sinistra precedenti alla mia, debbano ringraziare il fatto che, ai loro tempi, la Procura di Roma era il “porto delle nebbie”: Luca Odevaine, condannato in via definitiva per l’ex-mafia capitale non credo fosse un altro uomo quando era il braccio destro di Veltroni e Zingaretti, tento per fare un solo esempio…

Messe a posto le cose, io spero che tutta la lunga campagna elettorale verso il Campidoglio 2021 non si esaurisca in una rissa sui giudizi da dare ad Alemanno, alla Raggi, a Marino, o a Veltroni e Rutelli. Queste valutazioni lasciamole principalmente ai Romani, che sanno sulla loro pelle come stanno esattamente le cose e che credo condanneranno la Raggi con una percentuale di voti così bassa da non consentirle neppure di arrivare al ballottaggio.

In realtà c’è una gigantesca attenuante per tutti i Sindaci di Roma – da Rutelli alla Raggi – eletti direttamente dal popolo (dopo la riforma introdotta in questo senso da Mario Segni nel 1993): nonostante questa forte investitura popolare, i poteri effettivi di cui godono sono molto limitati, per certi versi inferiori a quelli di tutti gli altri Sindaci italiani. Il primo cittadino della Capitale deve fare i conti non solo con i pervasivi poteri della Regione, ma anche con quelli dello Stato italiano, particolarmente incombenti per la presenza di tutti i Ministeri e degli organi istituzionali della Capitale. E con questi pesanti limiti deve governare una delle città più complicate del mondo, con la presenza al suo interno di uno Stato sovrano come il Vaticano, con un patrimonio storico e culturale non paragonabile a nessun’altra città, con una estensione territoriale 7 volte superiore a quella di Milano e seconda in Europa solo alla grande Londra. Non a caso Roma è l’unica Capitale europea a non avere uno statuto ad hoc con poteri speciali per il proprio sindaco. Noi ci provammo con la Riforma di Roma Capitale, approvata dal Parlamento sotto il Governo Berlusconi, ma che finì incagliata sotto le resistenze passive della Regione Lazio e dei Ministeri nazionali.

Tutto questo è aggravato da un altro elemento storico, che i tanti commentatori giornalistici sembrano dimenticare: dopo la crisi economica del 2008 (anno della mia elezione) tutte le manovre economiche governative hanno drasticamente tagliato le risorse ai Comuni e, quindi, soprattutto alla Capitale, che si trova con un bilancio strutturalmente inadeguato alle sue più elementari necessità. Tutti i miei successori, presenti e futuri, dovrebbero baciare i miei piedi e quelli di Silvio Berlusconi per essere riusciti nel 2008 a scaricare sulla fiscalità generale dello Stato buona parte del debito storico di Roma, allora ammontante a 23,6 miliardi di euro. Senza quella straordinaria operazione, sostanzialmente risarcitoria del pesante carico economico di essere Capitale delle Repubblica, Roma sarebbe in default da almeno 12 anni. Ma il problema rimane e si sta inevitabilmente riproducendo, al di là dei meriti e demeriti di chi governa il Campidoglio.

E, allora, vogliamo parlare seriamente di questi nodi, che hanno impedito e impediranno a chiunque arriverà in futuro di governare veramente Roma? Dico di più: è un sogno pensare ad un patto tra tutte le forze politiche romane per attuare, chiunque vinca le elezioni, pochi punti di riforma indispensabili per Roma Capitale? Sarebbe un paracadute per qualsiasi malcapitato vincesse le prossime elezioni comunali e anche un modo per Virginia Raggi – se aderisse a questo patto – di chiudere dignitosamente la sua esperienza da incubo in Campidoglio.

* Gianni Alemanno, già sindaco di Roma