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Roma
Raid al Roxy Bar, riconosciuta l'aggravante mafiosa per Casamonica e Di Silvio

Violenza e intimidazione di stampo mafioso. Riconosciuto per il raid al "Roxy bar" alla Romanina, risalente al primo aprile scorso, l'aggravante mafiosa per Antonio Casamonica, Angelo, Vincenzo ed Enrico Di Silvio.

 

la quinta sezione penale della Cassazione ha rigettato il ricorso contro le misure cautelari disposte dal gip di Roma il 7 maggio scorso, ribadite dal tribunale del Riesame solo due settimane dopo.  "Il metodo mafioso implica il ricorso alla forza intimidatrice del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omerta' che ne deriva", si legge nella sentenza depositata martedì e riferita a una camera di consiglio svolta il 22 ottobre scorso. "Risulta comprovato - osserva la Corte - che Alfredo Di Silvio e Antonio Casamonica si siano avvalsi, nell'occasione, della forza di intimidazione promanante dall'associazione malavitosa imperante sul territorio, conosciuta come clan Casamonica, ben nota, non solo ai residenti, come organizzazione criminale dedita a diversificate attività illecite, stanziata nel quartiere Romanina ed in grado di influenzarne le condizioni di vita".

Dal provvedimento del Riesame, confermato in Cassazione, "risulta che Alfredo Di Silvio e Antonio Casamonica abbiano esordito con manifestazioni verbali di carattere minatorio e palesemente espressive di supremazia razziale, seguite a reiterate e precedenti forme di pubblica iattanza" e poi "infierito sulla vittima, invalida, utilizzando una cintura, a scopo palesemente punitivo ed esemplare, tanto da rivendicare, nei confronti degli astanti, l'insindacabilita' e l'impunita' per le proprie condotte ignobili e illecite".

Nella sentenza si ricordano poi le "espressioni intimidatorie" utilizzate dagli imputati, l'azione avvenuta "nel contesto ambientale di una vasta compagine familiare, di cui e' notorio il variegato spessore criminale" e "in presenza e nei confronti di una platea del tutto paralizzata dal timore di contrastare, anche solo verbalmente, la manifestazione di tale arroganza", confidando sul "generalizzato stato di assoggettamento ed omertà per l'impunità, invece ostacolata dalla registrazione del sistema video di cui erano, all'evidenza, ignari". Alfredo, Vincenzo ed Enrico Di Silvio, per il raid al bar, sono già stati condannati, il 15 ottobre scorso, in primo grado con rito abbreviato a pene comprese tra i 4 anni e 10 mesi e i 3 anni e 2 mesi di reclusione. Per Casamonica, invece, il processo e' in corso davanti alla sesta sezione penale del tribunale di Roma.


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