Roma

Rebibbia, psicologo e avvocato ai domiciliari, carte false per i narcos

Maxi operazione nelle carceri italiane: 32 indagati in due diverse operazioni

di redazione

Uno psicologo che faceva certificati falsi per far ottenere benefici ai tossicodipendenti e un avvocato che si prestava a tramettere messaggi per nome e conto dei carcerati. Maxi indagine dei carabinieri, coordinati dalla Direzione distrettuale Antimafia di Roma, sul carcere romano di Rebibbia.

Sono 32 le persone colpite da misura cautelare. I militari hanno scoperto un sistema illecito, all'interno del Servizio per le dipendenze (Ser.D.) dell'Asl Roma 2 che opera nel carcere di Rebibbia, per far ottenere ai detenuti, attraverso certificazioni false, misure alternative ai detenuti.

 

 

Sul campo 300 Carabinieri

Ma l'operazione non si limita al carcere di Rebibbia: circa 300 Carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Frascati e dei Comandi dell’arma territorialmente competenti, nelle province di Roma, Napoli, Avellino, Viterbo, L’Aquila, Teramo, Imperia e Bergamo, stanno dando esecuzione a due ordinanze di custodia cautelare emesse dal G.I.P. del Tribunale Ordinario di Roma, su richiesta della locale Procura della Repubblica, Direzione Distrettuale Antimafia.

Uno psicologo firmava certificati falsi

Gli investigatori della Polizia Penitenziaria hanno raccolto gravi elementi indiziari circa l’esistenza - all’interno del Servizio per le Dipendenze (Ser.D.) dell’ASL Roma 2 operante presso la Casa Circondariale di Rebibbia - di un sistema illecito, promosso in particolare da uno psicologo (destinatario di misura cautelare agli arresti domiciliari), finalizzato all’ammissione dei detenuti a misure alternative alla detenzione, basate sulla redazione di mendaci certificazioni attestanti un abuso di stupefacenti/stato di tossicodipendenza o comunque precarie condizioni psicologiche.

Una relazione di parte scritta per 1000 euro

In un’occasione è stato anche registrato un episodio di corruzione, consistito nel pagamento allo psicologo della somma di € 1.000,00, da parte di un detenuto, in cambio della redazione – peraltro nei tempi dettati dallo stesso detenuto – di un’apposita relazione psicologica con cui veniva espresso un parere favorevole alla fruizione dei benefici penitenziari. 

È stato inoltre ipotizzato e circostanziato il rapporto intrattenuto dallo psicologo con alcuni detenuti – anche per il tramite di alcuni operatori volontari del Ser.D. – finalizzato a rintracciare “nuovi” detenuti da agevolare, con lo scopo di ottenere maggiori compensi in denaro dall’Azienda Sanitaria di riferimento, compensi che venivano erogati sotto forma di retribuzione per le ore lavorative prestate per il contenimento del rischio suicidario dei detenuti.

Il tentativo di usifruire di fondi pubblici

Gli investigatori del NIC hanno inoltre raccolto gravi indizi di colpevolezza in ordine all’esistenza di un disegno criminoso escogitato dallo psicologo - anche con la complicità di altri professionisti sanitari - diretto a reperire fondi di natura pubblica (circa 100.000,00 euro) tramite una turbata libertà del procedimento di scelta del contraente relativo al bando per un progetto della Regione Lazio denominato “Progetto Sportello”, effettivamente poi assegnato a un’associazione, costituita dai citati operatori volontari del Ser.D. su input dello psicologo. I fondi non sono alla fine mai stati erogati e l’assegnazione del bando è stata revocata a seguito del riscontro di alcune anomalie circa l’organizzazione dell’associazione, ritenuta non “congrua e sostenibile” dal presidente della commissione giudicatrice.

Rispunta l'avvocato Lucia Gargano, già arrestata con Salvatore Casamonica

C’è anche l’avvocato Lucia Gargano fra gli arrestati nell’ambito dell'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Roma. Gargano era già stata arrestata insieme a Salvatore Casamonica nell’ambito dell’inchiesta sulla ‘pax’ mafiosa a Ostia: per quella vicenda, lo scorso novembre è stata assolta in Appello dopo essere stata condannata in primo grado, in abbreviato, a 6 anni e 8 mesi mentre. La ‘pax mafiosa’, secondo quanto emerso dall’inchiesta della Dda capitolina sarebbe stata messa a punto nel dicembre del 2017 in un ristorante di Grottaferrata, alle porte di Roma. Un ‘summit’ a cui parteciparono Salvatore Casamonica, Fabrizio Piscitelli, alias ‘Diabolik’, il capo ultrà ucciso il 7 agosto 2019 al Parco degli Acquedotti, e l’avvocato Gargano con l’obiettivo, secondo l’accusa, di siglare la pax tra gli Spada, famiglia egemone di Ostia, e il gruppo criminale capeggiato da Marco Esposito, detto ‘Barboncino’.

Secondo quanto emerso ora dall’inchiesta, coordinata dai pm della Dda capitolina Stefano Luciani, Simona Marazza e Francesco Gualtieri, che ha portato il gip Annalisa Marzano a emettere le misure eseguite oggi dai carabinieri del nucleo investigativo di Frascati, Gargano si sarebbe avvalsa della sua qualifica di avvocato per favorire i contatti dei trafficanti allora detenuti con l'esterno salvaguardandone, secondo il giudice, gli ‘affari’.