Roma
Referendum, Zingaretti al bivio: il Lazio traballa, al voto a primavera 2021
Dopo il voto sul Referendum se Zingaretti va al Governo come vicepremier o ministri scatta l'incompatibilità come Governatore del Lazio
di Donato Robilotta
Mancano pochi mesi alle elezioni per il Campidoglio, si vota nella primavera del 2021, ma ho l’impressione che si voterà prima per la Regione Lazio, per cui sarebbe bene che alla Pisana si tenessero pronti. Soprattutto Zingaretti, destinato a un posto come vicepremier.
Le elezioni regionali del 20 e 21 settembre, oltre che il Referendum, avranno una sicura influenza sul quadro politico e stando agli attuali sondaggi si capisce che il minimo che potrà accadere è un rimpasto di governo. Il risultato più probabile accreditato dagli ultimi sondaggi dovrebbe essere un a 4 a due per il centro destra, che sancirebbe una bella sconfitta per il Pd; se poi finisse con un 5 ad 1 per il centro destra con la caduta della Toscana, cosa che alcuni sondaggisti ritengono possibile, ci sarebbe un vero e proprio terremoto.
Siccome ritengo improbabili le elezioni anticipate, perché dobbiamo presentare i progetti per non perdere i 200 mld dall’ Europa, nel caso di un vero e proprio terremoto ci sarebbe un governo tecnico o istituzionale.
Ognuna di queste ipotesi porta la Regione al voto. Sia in caso di rimpasto come nel caso di governo istituzionale Zingaretti quasi sicuramente entrerebbe al governo. Ormai non è più una voce che Zingaretti possa entrare al Governo, né una suggestione dei suoi avversari interni, ma una quasi certezza, dal momento che persino il suo mentore, Goffredo Bettini, pare lo abbia consigliato in tal senso. Prima dell’estate era forte la voce che il cerchio magico di Zingaretti pensava che si potesse fare un rimpasto estivo, con il segretario del Pd al Ministero dell’Interno, tanto che ad un certo punto lo stesso segretario del Pd ha dovuto smentire e alla fine ha preferito aspettare il voto.
Il rimpasto post Referendum
In un rimpasto dopo le regionali Zingaretti andrebbe ricoprire il ruolo di vice Presidente del Consiglio, in modo da poter gestire l’eventuale fase congressuale del Pd, e qualcuno nel palazzo di via Cristoforo Colombo pensa che senza deleghe possa anche continuare a fare il Presidente della Regione.
Consiglio loro di leggere attentamente la legge 400, istitutiva della Presidenza del Consiglio, che nel merito è chiara, il Vice Presidente del Consiglio anche senza deleghe è un Ministro a tutti gli effetti. Nell’ordinamento regionale non c’è un vuoto, come in quello degli enti locali che consentì, per esempio, al sindaco di Napoli Bassolino di fare contemporaneamente il Ministro del Lavoro, perché non incompatibile.Qui l’incompatibilità tra la carica di Presidente della Regione, che è anche Consigliere Regionale, e quello di Ministro è chiara e netta, come previsto dall’articolo 4 della legge 154/1981 assorbita dalla legge regionale 2 del 2005.
E l’incompatibilità scatta immediatamente, non c’è modo di allungare i tempi, come succede con gli eletti al Parlamento che hanno qualche mese di tempo di optare per l’una o l’altra carica. In questo caso il Presidente della Regione, nel momento in cui accetta di fare il Ministro, sa che è incompatibile ed ha già optato, per cui deve immediatamente presentare le dimissioni.
Così come recita lo Statuto della Regione Lazio, agli articoli 44 e 45, le dimissioni del Presidente comportano le dimissioni della giunta e lo scioglimento del Consiglio, che viene dichiarato con decreto del Presidente del Consiglio.
Non c’è modo di prolungare le elezioni sine die per arrivare a farle coincidere eventualmente con quelle amministrative che hanno una loro finestra elettorale nella primavera di ogni anno. Né qualcuno in via Cristoforo Colombo può pensare di allungare di alcuni mesi la data del voto e di gestire nel frattempo la Regione. La normativa non lascia scampo. Il Presidente della Regione resta in carica con la giunta fino alla proclamazione del Presidente neoeletto e non c’è nessuna supplenza.
La competenza non è dello Stato ma della Regione, infatti le elezioni le convoca il Presidente della Regione, non il Consiglio dei ministri, e devono avvenire, così come prescrive l’art. 5 della lr 2/2005, entro tre mesi dallo scioglimento del consiglio. La data è tassativa.