Roma

Regionali Lazio '23: si voterà tra fine gennaio e inizio febbraio. La legge

di Donato Robilotta

Ecco perché andare alle urne il 18 dicembre è una fake. E Zingaretti lo sa. La road map per arrivare al voto a Roma e nel Lazio. Il precedente in Abruzzo

Mentre alla Pisana tutti si interrogavano sulla data del voto è arrivata la dichiarazione di Zingaretti, che ha annunciato le sue dimissioni da Presidente della Regione, perché incompatibile con la carica di parlamentare, tra due o tre settimane, il tempo strettamente necessario per approvare il collegato al bilancio che approvato in giunta arriverà in Consiglio la settimana prossima.

Questo per consentire che si possa votare – ha detto sempre Zingaretti - tra il 18 Dicembre e fine Gennaio. Aggiungendo infine che “deciderà l’alleanza e il Consiglio”. Fa il beau gest, per non farsi attaccare dall’opposizione, ma lascia agli altri la decisione di andare a votale dopo Natale.

Zingaretti sa bene che votare a dicembre è impossibile

Eppure il Presidente della Regione sa bene che andare a votare il 18 Dicembre è impossibile, perché per andare al voto ci sono dei tempi tecnici che non lo consentono. I comuni devono affiggere i manifesti elettorali 45 giorni prima del voto e questo tempo è tassativo, non è derogabile. Perché è con l’affissione dei manifesti che viene avvertita la popolazione del voto. Ma i manifesti vanno stampati e distribuiti a tutti i comuni. Otto giorni prima i comuni devono aggiornare le liste elettorali. E sono 53 giorni.

I tempi della burocrazia

La Regione deve poi organizzare subito l’ufficio elettorale, nel frattempo smantellato, sottoscrivere l’accordo con il Prefetto di Roma, affinché il Ministero dell’interno gestisca le elezioni, perché la Regione non è attrezzata per farlo in autonomia, come fanno altre Regioni come la Toscana. Scrivere le istruzioni elettorali, che è cosa delicata perché nel procedimento elettorale fanno norma e bisogna evitare errori. Insomma compiere una serie di atti amministrativi, so di che parlo per averlo fatto da assessore agli affari istituzionale nel 2005, che portano il tempo minimo per votare a circa sessanta giorni.

L'unica soluzione è che il presidente si dimetta entro martedì

Per votare prima di Natale bisognerebbe che Zingaretti si dimettesse entro Martedì prossimo, nelle stese ore i cui il collegato approderà in Consiglio. D’altra bene è bene sapere che se Zingaretti volesse potrebbe allungare di parecchio il tempo delle sue dimissioni e arrivare alla data di fine naturale della legislatura, prevista per il 4 Marzo.

Siccome il regolamento della giunta per le elezioni della Camera prevede che i Parlamentari hanno trenta giorni di tempo dall’insediamento per dichiarare le loro cariche, questo per dare modo alla giunta di verificare le incompatibilità, credo che sia di buon senso dimettersi in quel range di tempo, per poter andare al voto tra fine Gennaio e gli inizi di Febbraio. Evitando così di presentare le liste durante le festività natalizie.

Chi resta in carica dopo le dimizzioni

Le dimissioni di Zingaretti comportano lo scioglimento del consiglio – simul stabunt simul cadent- che avviene con decreto del Presidente del Consiglio Regionale. I consiglieri restano in carica sino all’insediamento del nuoco Consiglio. La giunta regionale resta in carica, per l’ordinaria amministrazione, sino all’insediamento del nuovo Presidente della Regione. E’ il presidente della Regione che convoca le elezioni, che devono tenersi entro tre mesi dallo scioglimento.

I precedenti: da Marrazzo all'abruzzese D'Alfonso

Alcuni alla Pisana pensano che con le dimissioni di Zingaretti entri in carica, per lo svolgimento dell’ordinaria amministrazione, il vice presidente della giunta, analogamente a quanto avvenne nel caso Marrazzo, quando alle sue dimissioni subentrò il vice Montino.

Altri prendono ad esempio il caso delle dimissioni dell’ex Presidente della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, perché dopo le sue dimissioni nel 2018, per in compatibilità con il mandato da Senatore, gli subentrò il vice presidente. Mettiamo da parte il caso Marrazzo, che avvenne in condizioni straordinarie e speciali che non fanno testo e andammo al voto oltre il limite consentito con un accordo tra tutte le istituzioni e tutte le parti politiche.

Se prendiamo come esempio il caso dell’ex presidente della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, dobbiamo tener presente che si dimise dopo 5 mesi dalla elezione a senatore, dopo essersi fatto respingere le dimissioni dal Consiglio regionale e con la giunta per elezioni gli aveva intimato di rassegnare le dimissioni. D’Alfonso si dimise con la formula che aveva rinunciato all’indennità consiliare, dal momento della proclamazione al Senato, si sarebbe astenuto da ogni atto inerente gli uffici regionali, compresa l’ordinaria amministrazione, e di cessare conseguentemente dall’esercizio delle funzioni di Presidente.

E’ questa la formulazione richiesta dal regolamento del Senato, che è diversa dalla previsione dl regolamento della Camera, alla quale appartiene Zingaretti, che prevede quella formulazione solo se le dimissioni fossero portate in aula e respinte dal consiglio. Come avvenne con D’Alfonso. Ma soprattutto sono diverse le due norme statutarie che regolano le dimissioni del Presidente della Regione.

La bizzarra legge elettorale del Lazio

Nel caso dell’Abruzzo l’articolo 86 recita che “le funzioni del Presidente e della giunta regionale sono prorogate sino alla proclamazione del nuovo Presidente della Regione, limitatamente all’ordinaria amministrazione e agli indifferibili; in caso di impedimento permanente, morte e dimissioni volontarie del Presidente della Regione, le sue funzioni sono esercitate dal Vice Presidente.Nel caso della Regione Lazio l’articolo 45 al comma 6 prevede che “ la giunta dimissionaria resta in carica, presieduta dal Presidente della Regione ovvero dal vice presidente nei casi di rimozione, decadenza, impedimento permanente e morte del presidente, limitatamente all’ordinaria amministrazione, fino alla proclamazione del Presidente della Regione neo eletto.

Sono gli statuti delle due Regioni, di rango superiore, a stabilire che nel caso dell’Abruzzo alle dimissioni volontarie subentra il vice presidente e nel caso della Regione Lazio invece resta in carica il Presidente uscente. Che resterebbe in carica, tanto per essere chiaro, anche se si dimettesse con la formula usata da D’Alfonso.