Roma
Regionali Lazio: inciucio Pd, M5S, FI, il listino del presidente è salvo
Zingaretti ufficializza il no all'abolizione. Egli altri plaudono silenziosi
Pd e Cinque Stelle a braccetto sul Listino del Presidente e con Forza Italia e Fdi che protestano a bassa voce nella speranza che la legge elettorale lo mantenga in vita. Alla Regione Lazio va così in scena il grande inciucio, quello delle larghe intese silenziose sulla quota di maggioritario che premia il vincitore.
Protagonisti della fanta fiction il presidente uscente Pd Nicola Zingaretti che sabato scorso alla Direzione del Partito ha ufficializzato la sua ri-candidatura e ha formalizzato il dietrofront sull'impegno preso al momento della prima elezione, quando ebbe a dire: “aboliremo il listino del Presidente”. A fine legislatura, Zingaretti si corregge: “Possiamo utilizzare il listino per metterlo al servizio dell’ampliamento dell’identità della coalizione. Oltre a vincere dobbiamo anche governare bene, occorre un'omogeneità della maggioranza contro i rischi di un sistema puramente proporzionale, di una frammentazione eccessiva che poi peserebbe sulla qualità del governo”.
Un dietrofront che tradisce un calcolo meramente elettorale che però piace anche al Movimento Cinque Stelle che potrebbe così imbarcare nella campagna elettorale amici, sodali e consiglieri uscenti che rischierebbero di rimanere fuori (e senza stipendio) se si votasse solo col proporzionale.
Nei paradossi regionali, l'iter per il varo della nuova legge è iniziato il 27 gennaio 2017 con il primo dei cinque punti elencati dal presidente che recitava: “Abolizione del listino”, seguito da “Rappresentanza di tutte le circoscrizioni provinciali”, “pari opportunità tra donne e uomini”, “divieto del terzo mandato consecutivo”, “elezioni entro tre mesi in caso di scioglimento anticipato”.
A furia di giocare a rimpiattino, la convocazione del Consiglio per decidere sul lavoro della Commissione speciale è uscita dal freezer ed è stata calendarizzata per il prossimo 23, giorno in cui il lavoro più difficile per Zingaretti sarà quello di convincere il Pd sulla retromarcia. Gli altri sono pronti ad approvare la legge salva-posti di lavoro della politica.