Roma

Report sui rifiuti di Roma: la realtà è stata stravolta. La verità

di Donato Robilotta

Sullo sfondo della trasmissione di Report, la vicenda di Malagrotta e di Cerroni, che nell'incendio è parte lesa

La trasmissione Report di lunedì sera, per chi conosce la storia dei rifiuti di Roma e del Lazio e sa di cosa si parla, è stata una vera e propria offesa all’intelligenza umana e uno stravolgimento della realtà.

Sullo sfondo la vicenda Malagrotta e del suo patron, l’avvocato Cerroni, che nell’incendio è parte lesa ed andrebbe ringraziato per tutto quello che ha fatto per la sua città e che invece viene ancora dipinto come l’uomo nero nonostante la sua completa assoluzione. 

Malagrotta, il rimpallo delle responsabilità

L’emergenza sarebbe stata causata da fattori esterni e non dalle scelte sbagliate e scellerate degli amministratori della Regione e della Capitale, che si sono succeduti dal 2010 ad oggi. E a parlare sono stati chiamati proprio gli amministratori di questi ultimi anni, che si sono rimpallate le proprie responsabilità tra di loro e hanno descritto un quadro che oggettivamente non corrisponde alla realtà.

Ignazio Marino ha rivendicato la sua decisone di chiudere la discarica di Malagrotta, quando nella discarica non veniva più conferito il rifiuto tal quale ma solo quello trattato, e magnificato un piano industriale messo in piedi dall’Ama guidata da Fortini, che avrebbe consentito di chiudere il ciclo dei rifiuti a Roma. Ha anche aggiunto che sarebbe stata sua intenzione di investire sul termovalorizzatore di Colleferro, di proprietà regionale e di Ama, per aumentare le sue potenzialità. Ed ha accusato la Regione guidata da Zingaretti di non aver dato nessuna risposta a questo piano anzi di averlo osteggiato.

Non voglio contraddire l’ex sindaco ma è un fatto che aver chiuso Malagrotta senza aver trovato un’alternativa ha provocato l’emergenza rifiuti. Quanto ai rapporti ostili con la Regione i conti non tornano, perché Fortini, il dominus dei rifiuti romani, dopo la sconfitta di Marino è stato chiamato da Zingaretti in Regione come consulente sui rifiuti. Da quel che si dice alla Pisana, sarebbe lui il vero autore del piano rifiuti. Poi è stato nominato da Zingaretti presidente di Lazio Ambiente, società regionale proprietaria del termovalorizzatore di Colleferro.

Proprio da Presidente di Lazio Ambiente, dopo la chiusura del termovalorizzatore da parte di Zingaretti aveva annunciato la costruzione di un impianto, “compound industriale”, talmente miracoloso che avrebbe consentito di fare a meno dei termovalorizzatori e di altri impianti. Tanto che questo impianto avveniristico è centrale nel piano rifiuti della Regione. Peccato che nessuno abbia mai saputo di che impianto si trattasse.

Non parliamo della Raggi che in cinque anni di amministrazione ha sempre detto no all’impiantistica e pensare di far sparire l’immondizia con la bacchetta magica. Infatti i rifiuti sono rimasti per strada.

Malagrotta, l'era di Gualtieri

Arriviamo a Gualtieri che, durante la trasmissione, ha dichiarato che al suo insediamento avrebbe trovato una situazione disastrosa e che Roma è ferma agli impianti costruiti dal Commissario del giubileo nel 2001. Ha giustificato Zingaretti per l’assenza nel piano regionale del termovalorizzatore a Roma, che lui ora può costruire con i poteri che gli ha dato il governo di deroga al piano, dicendo che è colpa di Roma e della Raggi perché per il mancato raggiungimento dei livelli della raccolta differenziata. Una giustificazione che non tiene.

Il termovalorizzaotre di Gualtieri

Intanto Gualtieri durante la campagna elettorale aveva detto che non c’era bisogno di un termovalorizzatore a Roma, bastava quello di S. Vittore, e in pochi mesi avrebbe pulito Roma. Poi folgorato sulla via di Damasco, o piuttosto convinto dal management di Acea e dai suoi azionisti privati che S. Vittore non bastava, come invano aveva cercato di spiegargli Carlo Calenda durante la campagna elettorale, ha annunciato, pochi giorni dopo il suo insediamento la decisione di dotare Roma di un termovalorizzatore.

Siamo a otto mesi dall’insediamento di Gualtieri e Roma è sporca come non lo è mai stata, ed è evidente che non basta l’annuncio del termovalorizzatore, che è condivisibile, ma nel frattempo bisogna prendere altre decisioni altrimenti Roma finisce sommersa. Paradossale la dichiarazione del Presidente della Regione che si dice d’accordo con Gualtieri sul termovalorizzatore, quando nel piano regionale sui rifiuti l’impianto non è stato previsto per una scelta ideologica da parte sua perché stava costruendo il campo largo con i 5 stelle.

Ed è ancora più paradossale perché a Gualtieri vengono dati i compiti propri di Zingaretti, al quale vengono tolti, di modificare il piano su Roma. Questo per evitare che la maggioranza di Zingaretti vada in frantumi vista la contrarietà dei grillini di Conte all’impianto. Un esempio di irresponsabilità della politica che fa allontanare i cittadini dal voto.

Quando Gualtieri dice che sono anni che a Roma non si costruiscono impianti dovrebbe avere l’onestà intellettuale di dire che la responsabilità è della Regione, che ha la competenza sull’impiantistica. Quando Zingaretti si è insediato nel 2013, la Regione aveva un piano rifiuti con un numero di impianti, tra quelli in funzione, autorizzati e in costruzione, che avrebbero consentito di chiudere il ciclo rifiuti su tutto il territorio regionale. In questi dieci anni non solo non sono stati costruiti gli impianti previsti dal piano ma sono stati chiusi anche alcuni in funzione. Da qui il disastro.

I termovalorizzatori nel Lazio

Dei quattro termovalorizzatori previsti dal piano regionale, in vigore sino al piano fuffa di Zingaretti del 2020, oggi è in funzione solo quello di S. Vittore, che può lavorare al massimo 400 mila tonnellate di rifiuti a fronte di un fabbisogno di oltre 900 mila tonnellate di rifiuti, così come certificato dall’ultimo decreto sblocca impianti dei Governi Renzi e Gentiloni.

Quello di Colleferro è stato chiuso da Zingaretti per compiacere la protesta del sindaco del suo partito, buttando alle ortiche un valore di centinaia di migliaia di euro; quello di Albano è stato cancellato dal piano quando proprio il decreto sblocca impianti di Gentiloni diceva che nel Lazio ci volevano quattro inceneritori. E il gassificatore di Malagrotta, con una linea pronta per produrre idrogeno, non è mai stato preso in considerazione solo perché era dell’Avvocato Cerroni.

Purtroppo il recente incendio ha distrutto una vera e propria cittadella industriale radendo al suo il gassificatore e uno dei due tmb. Una vera e propria tragedia. Degli impianti di Tmb previsti oggi sono in funzione solo gli impianti di Colfelice (Fr), Roma Malagrotta 1, Roma rocca Cencia (Ama), Viterbo e Rida di Aprilia. A Roma sono andati a fuoco quelli di via salaria (Ama) e uno dei due di Malagrotta.

In provincia di Roma è andato a fuoco quello di Albano e l’amministrazione comunale sé è opposta a qualsiasi riconversione impiantistica con il silenzio compiacente della Regione. Non sono stati più costruiti gli impianti previsti a Bracciano, Colleferro e Latina. Potrebbe entrare in funzione subito il Tmb di Guidonia, ma siccome è dell’avvocato Cerroni l’amministrazione capitolina preferisce portare i rifiuti all’estero piuttosto che usare quell’impianto.

Delle discariche previste dal piano ad oggi è in funzione in tutto il Lazio solo quella di Viterbo e in parte quella di Albano. Malagrotta fu chiusa senza aver trovato un altro sito, che c’era ed era stato individuato da un accordo Marrazzo-Alemanno nel 2009, e poi sono andate in esaurimento e chiuse anche le altre discariche di Guidonia, Bracciano e Latina. La discarica di Roccasecca potrebbe essere riaperta, ma il proprietario Lozza, giustamente, dopo le vicende giudiziarie sui rifiuti non vuole più saperne e la Regione è inerme e non interviene per affrontare la problematica. Non solo ma Zingaretti nell’ultimo anno di governo della Raggi ha chiuso la discarica di Colleferro che era ancora capiente accentuando così in maniera drammatica l’emergenza rifiuti.

In conclusione l’emergenza rifiuti di Roma e del Lazio non è dovuta né all’uomo nero né al destino cinico e baro ma alle scelte sbagliate e ideologiche, ed anche condizionate dalle inchieste giudiziarie sui rifiuti e su mafia capitale, fatte dai vertici della Regione e della Capitale di questi ultimi dieci anni.