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Roma
Rifiuti, il processo Cerroni compie 28 mesi. Il Supremo va verso i 90 anni

di Valentina Renzopaoli


Il processo Cerroni torna in aula, a tre mesi dall'ultima udienza che si è celebrata davanti alla I Sezione del Tribunale di Roma lo scorso 7 luglio. Sono durate quindi più delle vacanze scolastiche le ferie giudiziarie che hanno interrotto il maxi (ancora?) processo alla gestione dei rifiuti della Capitale e della sua provincia, che si sta celebrando da due anni e quattro mesi, paradossalmente, con il rito immediato, mentre il principale imputato si avvia a compiere il prossimo 18 novembre i suoi 90 anni.



L'interminabile dibattimento, prima dell'estate, è arrivato ad affrontare l'ultimo dei cinque filoni di indagine del gigantesco fascicolo: quello sulla vicenda di Monti dell'Ortaccio. Il filone che porterà entro la fine dell'autunno sul banco dei testimoni anche l'ex commissario Goffredo Sottile e l'ex prefetto Giuseppe Pecoraro.

Il reato ipotizzato nei confronti di Manlio Cerroni e del collaboratore Francesco Rando è attività organizzata al fine del traffico illecito di rifiuti: secondo l'impostazione accusatoria di Alberto Galanti, la E.Giovi srl che gestiva la cava di Monti dell'Ortaccio, avrebbe asportato terra per effettuare la copertura di Malagrotta, senza avere le necessarie autorizzazioni. La difesa sostiene, invece, che l'attività di travaso era stata autorizzata all'interno del decreto commissariale 36 del 2008, con il quale era stato predisposto proprio il capping di Malagrotta.

Sulla questione è nel frattempo intervenuta anche una sentenza del Tar del Lazio, che lo scorso dicembre ha annullato il provvedimento del Comune di Roma con il quale era stata disposta l'acquisizione al patrimonio comunale di Monti dell'Ortaccio (sul presupposto che fosse stato oggetto di abuso edilizio) e ha affermato la riconducibilità dei movimenti di terra effettuati proprio al progetto previsto dal decreto 36.

 

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