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Roma
Rifiuti, Roma cerca disperatamente una discarica. Rischio infrazione Ue

di Donato Robilotta

 

Basta girare per Roma per capire che la Capitale è sporca e che quello della gestione dei rifiuti è un problema grave e sintomatico di una insufficienza strutturale di impiantistica che non consente di chiudere il ciclo.

 


La necessità di dotare Roma e il Lazio di altri due impianti di termovalorizaazione è sostenuta dal Governo nazionale , con il cosiddetto decreto sblocca impianti, ma è osteggiata sia dall’amministrazione Zingaretti che da quella Raggi. Solo che le istituzioni locali sono unite nel dire no agli impianti ma sono divisi nelle soluzioni da adottare tanto che del piano regionale sui rifiuti, annunciato da mesi, non c’è traccia e le recenti polemiche tra Regione e Comune sulla discarica da individuare non lasciano presagire niente di buono.

Il piano del Campidoglio
L’assessore ai rifiuti del Campidoglio ha annunciato che presto presenterà un piano in giunta basato sulla diminuzione della produzione dei rifiuti e sull’estensione del porta a porta a gran parte della città per arrivare al 2021, tra quattro anni, al 70% della raccolta differenziata. L’assessore non dice però quali risorse metterà a disposizione il Campidoglio, perché il porta a porta costa e tanto, cosa che rischia di far aumentare ancora di più una tariffa rifiuti che a Roma e nel Lazio è tra le più alte d’Italia, e soprattutto non dice che l’aumento della raccolta differenziata fa aumentare la produzione dell’organico.E questo costituisce un problema perché già oggi gran parte dell’organico prodotto dalla Capitale viene portato in Veneto, perché l’impianto di Maccarese da 30 mila tonnellate non riesce a smaltire le 200 mila tonnellate di umido prodotte. E la decisione della Regione Lazio di inviare una diffida ad Ama e a Roma Capitale per cancellare il sito di trasferenza di Maccarese, dove viene raccolto l’umido che va a Pordenone, rischia di mandare in emergenza un sistema che è già in grande difficoltà.

La carenza di impianti
Nel Lazio mancano anche gli impianti per l’umido, infatti l’impiantistica autorizzata viene stimata in grado di smaltire circa 250 mila tonnellate all’anno, ma ad  oggi siamo operativi per sole 70 mila tonnellate. A regime con la raccolta differenziata al 65% avremmo una produzione di organico pari a 750 mila tonnellate di umido e dunque avremmo un fabbisogno residuo di circa 500 mila tonnellate. D’altra parte anche gran parte dei rifiuti prodotti a Roma, sia quelli trattati che il tal quale, vanno in altre Regioni e all’Estero, perché manca non solo il termovalorizzatore ma anche i quattro impianti di tmb, due del privato e due di Ama, sono insufficienti. Non solo ma come è noto i due di ama non sono messi benissimo e addirittura quello di via salaria andrebbe chiuso e quello di Rocca Cencia necessita di manutenzione straordinaria. E che succederebbe se anche gli impianti privati si fermassero?

L'infrazione Ue è alle porte
Infine Regione e Comune sanno bene che il trasporto dei rifiuti all’estero è legato all’emergenza ma non può continuare alla lunga perché la Regione si è impegnata da tempo, per chiudere la vecchia infrazione europea, a costruire l’impiantistica necessaria per chiudere il ciclo. Dunque la possibilità di una nuova infrazione è dietro l’angolo.

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