Roma

Rifiuti Roma: è ora di commissariare Raggi e Zingaretti, 5 anni di demagogia

Dopo 8 anni di Regione Pd e 5 anni di Comune M5S, Roma è sempre in emergenza. E' la città più sporca d'Italia

di Donato Robilotta

Potremmo dire che piove sul bagnato, perché l’emergenza rifiuti rischia di diventare tragica alla luce dei fatti giudiziari che riguardano la Regione Lazio e l’attuale patron delle discariche del Lazio. La sindaca di Roma ha revocato la delibera comunale di individuazione del sito della discarica a Monte Carnevale e la stessa Regione Lazio ha sospeso, in autotutela, la conferenza di servizi sulla discarica.

Nel Lazio le poche discariche aperte sono quasi in via di esaurimento e questo si aggiunge alla carenza impiantistica di trattamento e incenerimento dei rifiuti. Non capisco poi questa tendenza degli ultimi anni della Regione di cercare il sito della discarica dove ci sono siti di inerti quando gli uffici hanno elenchi di possibili siti costituiti da ex cave che sono delle grandi buche, dunque siti naturali come discarica, che vanno comunque riempite, come i siti di Quadro alto o di Pian dell’Olmo.

Non commento i fatti giudiziari, sono garantista e sino al terzo grado di giudizio considero gli indagati innocenti. Ma non ce la faccio però a essere garantista nei confronti dell’amministrazione Zingaretti e di quella della Raggi, perché in questi anni le loro scelte sciagurate hanno portato Roma e il Lazio all’emergenza rifiuti, con Roma Capitale che è tra le città più sporche, con i rifiuti che vanno in giro per il mondo e con i cittadini romani che pagano la tariffa rifiuti più alta.

Le colpe del passato sono un alibi che non regge più

La sindaca Raggi governa ormai da cinque anni e non può continuare a dire che è colpa del passato. È vittima della sua stessa propaganda. Ha sempre parlato di rifiuti zero, di economia circolare della gestione dei rifiuti, forse pensando alle migliaia di tonnellate di rifiuti che da Roma ogni giorno vengono trasportate in altre Regioni, fuori dall’Italia e all’Estero; ha sempre detto no al termovalorizzatore e non ha presentato uno straccio di piano credibile per la gestione dei rifiuti. Ha solo cambiato una miriade di assessori ai rifiuti e dirigenti Ama a dimostrazione che non ha mai avuto idee chiare su cosa fare.

Il piano Ama presentato di recente fa acqua da tutti i punti di vista ed è stato criticato dalla maggior parte degli esperti.

Il piano prevede di mettere in esercizio, entro il 2024, i due nuovi impianti di compostaggio di Casal Selce e Cesano per il trattamento della frazione organi. Intanto di questi due impianti, annunciati da quasi due anni, non si ha traccia e poi sono una goccia nel deserto. Infatti i due impianti potranno lavorare al massimo 60 mila tonnellate all’anno di umido rispetto a un fabbisogno di Roma Città che ad oggi è pari a 350 mila tonnellate all’anno. Cosa che ha comportato che il pur piccolo amento della differenziata a Roma ha messo ulteriormente messo in crisi il sistema, per mancanza di impianti, e al costo per la differenziata si sono aggiunti i costi per il trasporto del 90% dell’umido prodotto che finisce quasi tutto a Pordenone.

Il piano prevede poi un nuovo impianto di Tmb al posto di quello di Ama di Salaria che è andato in fumo, ma non tiene conto che anche l’impianto di Rocca Cencia non è messo in buone condizioni e andrebbe completamente ristrutturato. I tre impianti di Tmb, due di Colari e uno di Ama, in funzione a Roma, con la loro capacità di lavorazione dell’indifferenziato pari complessivamente a 600 mila tonnellate all’anno, sono insufficienti rispetto a un fabbisogno annuo di un milione di tonnellate di rifiuti.

La Raggi ha sempre detto no al termovalorizzatore, oltre che alla discarica, in questo pienamente d’accordo con Zingaretti, nonostante qualche timida richiesta in tal senso del presidente dell’Ama Zaghis, con il paradosso che il Cdr prodotto dai Tmb romani va a finire in inceneritori fuori regione, che con i rifiuti romani producono energia che poi ci rivendono. E noi paghiamo due volte: per trasportare i rifiuti e per comprare energia, cioè becchi e bastonati. Il risultato dei cinque anni di amministrazione Raggi è sotto gli occhi di tutti, un disastro.

Tutte le responsabilità di Nicola Zingaretti

Maggiore responsabilità ha Zingaretti, perché governa la Regione da otto anni, dopo aver governato per cinque la Provincia di Roma, e appartiene a un partito che sa cosa significa gestire il ciclo dei rifiuti e con le giunte Badaloni e Marrazzo ha fatto cose positive.

Zingaretti ha eredito una Regione che aveva una serie di impianti sul territorio e un piano rifiuti, quello del Polverini, che di fatto era quello di Verzaschi del 2002 aggiornato dal decreto del commissario Marazzo del 2008, che prevedeva l’impiantistica necessaria per chiudere il ciclo. Zingaretti è riuscito nel capolavoro di non costruire i nuovi impianti previsti dal decreto commissariale di Marrazzo e di chiudere alcuni di quelli esistenti. Un disastro. Gli impianti di Tmb di Bracciano, Latina e Albano, autorizzati nel 2008, non sono mai stati costruiti e sono spariti dal nuovo piano rifiuti.

L’emergenza rifiuti è cominciata quando Zingaretti consentì a Marino e Fortini di chiudere la discarica di Malagrotta senza aver trovato un sito alternativo e costruito gli impianti necessari a chiudere il ciclo, a cominciare dal termovalorizzatore e da nuovi e moderni Tmb al posto di quelli obsoleti di Ama.

Appena la Raggi si è insediata Zingaretti l’ha incalzata sull’individuazione della discarica che andava trovato all’interno del confine del Comune di Roma e non dell’Ato, che corrisponde all’intera provincia, solo per compiacere la protesta del Pd della provincia e per ribaltare sul Campidoglio tutte le responsabilità dell’emergenza rifiuti.

Zingaretti contro Raggi: lite infinita senza soluzioni

Questa dello scarica barile è stata una costante del rapporto Zingaretti – Raggi in questi anni, con il Pd e i 5 Stelle che si accusavano a vicenda e ora stanno insieme nella giunta regionale. La prima bozza del piano rifiuti prevedeva proprio l’Ato della città di Roma, norma in contrasto con quella nazionale che prevede gli Ato su base provinciale, e soprattutto senza tener conto che l’impiantistica in funzione è stata costruita basandosi sull’Ato provinciale. Infatti a Roma ancora oggi comuni come Fiumicino e Ciampino portano i rifiuti negli impianti romani, così come impianti di Tmb della provincia (Colleferro e Albano) sono stati costruiti e previsti dalle amministrazioni precedenti anche per dare un supporto a Roma. Ricordo che Veltroni parlava del termovalorizzatore di Albano come impianto di Ama.

A ridosso della discussone del piano, la giunta Zingaretti ha chiuso la discarica di Colleferro, che era ancora capiente, tanto per drammatizzare ulteriormente la situazione che era già grave, perché le altre discariche del Lazio sono tutte in fase di esaurimento.

Con Malagrotta sono state chiuse anche le discariche di Cupinoro (Bracciano) e Inviolata (Guidonia), e attualmente sono in esercizio solo le discariche di Civitavecchia, Roccasecca e Viterbo, peraltro in fase di esaurimento. Per cui chiudere quella di Colleferro quando aveva ancora una capienza di centinaia di migliaia di mc di volumetria disponibile è stato veramente un atto gravissimo e insensato. Fatto solo per demagogia e per lisciare il pelo all’amministrazione del Pd locale. Il Tar è intervento più volte sulla questione delle discariche e da ultimo lo stesso Tar ha nominato commissario ad acta la dirigente del Ministero dell’ambiente, dott.ssa d’Aprile, per individuare una discarica dove Rida possa portare il residuo dei rifiuti lavorati dal suo impianto di Aprilia.

La necessità di discariche è dovuta al fatto che la Regione rifiuta i termovalorizzatori. L’esigenza di nuove discariche è stata sancita dalla Dgr 199, quella del fabbisogno, che ha costituita la base del piano rifiuti, che prevede un fabbisogno per i prossimi anni di circa 9 milioni di mc di volumetrie.

Dei quattro impianti di termovalorizzazione presenti nel vecchio piano, quello di S. Vittore, di Colleferro, di Albano e di Malagrotta, confermati dal decreto sblocca impianti dei governi Renzi-Gentiloni, ambedue del Pd, oggi è in funzione solo quello di S. Vittore. L’impianto di Albano è stato cancella da Zingaretti con un tratto di penna, mentre quello di Colleferro, impianto pubblico di proprietà della Regione, è stato chiuso, e la cosa grida ancora oggi vendetta, dopo aver speso decine di milioni di euro per il revamping dell’impianto impedito dalla protesta del sindaco Sanna, che ha imposto all’amministrazione regionale la sua linea demagogica.

L’impianto di Malagrotta, è pronto, potrebbe entrare in funzione con la produzione di metanolo con una modifica richiesta da Colari, ma la giunta Zingaretti fa finta di non vedere, non sapere e non lo ha neanche inserito nel nuovo piano rifiuti. Piano rifiuti che è fuffa ed è stato criticato da tutti i maggiori esperti. Infatti il piano abbassa la produzione dei rifiuti e aumenta a dismisura la raccolta differenziata con tetti che sono irraggiungibili. Insomma come in un gioco di prestigio i rifiuti vengono fatti scomparire con la bacchetta magica. Il piano fotografa l’impiantistica esistente e quindi rende permanente l’emergenza rifiuti.

Non solo ma centrale nel piano è l’ipotesi un fantomatico impianto a Colleferro che avrebbe dovuto realizzare Lazio Ambiente, la società regionale che gestiva il termovalorizzatore e la discarica. Di questo impianto, che avrebbe dovuto bruciare i rifiuti a freddo, non c’è traccia e la società Lazio Ambiente in fase di liquidazione.

Che il piano sia fuffa e che nel lazio ci sia bisogno di altri termovalorizzatori lo testimonia la recente richiesta di Acea della costruzione di una quarta linea per il termovalorizzatore di S. Vittore, che oggi può lavorare al massimo 350.00 tonnellate all’anno di Cdr su un fabbisogno regionale di oltre 800 mila tonnellate.

A2A mette le mani su Roma

Non è un caso che, nonostante l’assessore Valeriani continui a dire che nel Lazio non serve un altro termovalorizzatore e lo abbia fatto scrivere nel piano e in altre leggi manifesto, A2A abbia fatto richiesta di costruzione di un termovalorizzatore a Tarquinia e la Regione abbia avviato la conferenza di servizi.

A2A è una grande società, non ha tempo da perdere e se ha fatto domanda è perché il piano rifiuti della Regione contiene un buco e lo consenta. L’assessore Valeriani nel replicare alle critiche piovute sulla Regione dopo l’approvazione del piano rifiuti ha sostenuto che la prova che nel Lazio non servono altri termovalorizzatori, oltre quello di S. Vittore, è provato dal fatto che nessuno abbia chiesto di costruirne altri. L’assessore Valeriani dimentica che nel vecchio piano erano previsti quattro impianti di termovalorizzazione, ritenuti appena sufficienti, e quindi non c’era l’esigenza di costruirne altri. Ma appena la Regione ha approvato il piano fuffa con un solo impianto ecco che si sono fatte avanti sia Acea che A2A, a riprova che le dichiarazioni di Valeriani erano non veritiere.

Le dimissioni di Valeriani sono un atto dovuto

Ho profondo rispetto delle istituzioni ma l’assessore Valeriani farebbe bene a dimettersi perché sui rifiuti ha fatto solo disastri. Siamo dunque in una situazione molto difficile che può diventare drammatica con l’arrivo dell’estate. Regione e Campidoglio hanno dimostrato di non essere in grado di prendere le decisioni necessarie per la programmazione e costruzione degli impianti necessari a chiudere il ciclo rifiuti a Roma e nel Lazio, per questo credo che il nuovo governo dovrebbe porsi il problema di commissariare i due enti sulla gestione dei rifiuti e nominare un commissario che possa affrontare l’emergenza con la costruzione degli impianti necessari.