Roma

Rifiuti e smog: il disastro M5S scatena la destra. E così si uccide Roma

Nel rapporto Ecosistema Urbano 2019 di Legambiente Roma in fondo alla classifica. Ecco perché. L'opinione di Andrea Catarci

di Andrea Catarci *

Il rapporto Ecosistema Urbano 2019 di Legambiente, che analizza le performance ambientali delle principali città italiane, è impietoso. Roma finisce in fondo alla classifica, al posto n. 89, registrando il peggior risultato di sempre.

La qualità dell'aria che i cittadini sono costretti a respirare è pessima, come dimostrato dall’eccessiva concentrazione di biossido di azoto e dai dati - ugualmente allarmanti - sull'ozono in estate e sulle polveri sottili nei mesi freddi: in conseguenza della media dei relativi valori annuali, la Capitale si classifica al quarto posto tra i capoluoghi messi peggio per smog. Guardando al traffico si va addirittura oltre, raggiungendo la prima posizione insieme a Torino: in circolazione ci sono 60 auto ogni 100 abitanti a garantire ritmi da lumaca e occupazione sistematica di spazi vitali, con l’aggravante rispetto alla città piemontese di avere un trasporto pubblico “condannato a una crisi senza fine”.

Poi c’è la questione dell’immondizia e del ciclo dei rifiuti: per la prima volta la raccolta differenziata si riduce, passando dal 44,3% del 2017 al 43,9% del 2018. Si, proprio la raccolta differenziata, quella richiamata come un mantra dalla Sindaca Raggi all’unisono con gli esponenti della sua giunta e del suo partito, va all’indietro anziché spiccare il volo, lontana dalla media nazionale che si attesta intorno al 55,5% e lontanissima dai propositi iniziali dei pentastellati di arrivare al 70% nel 2021. Si potrebbero raccogliere le innumerevoli dichiarazioni rilasciate sul tema, come su porta a porta, porta a porta hi tech, rifiuti zero, riduzione dei materiali post consumo, cambiamento di abitudini e stili di vita: sarebbe un esercizio inutile, essendo rimaste per intero lettera morta. La realtà è fatta del contrario, di immondizia nelle strade, di cattivi odori e di allarmi igienico-sanitari periodicamente lanciati anche da realtà consapevoli della gravità dei rischi come l’Ordine dei Medici, oltre che dai cittadini e dalle opposizioni. In poco meno di tre anni e mezzo non è stato costruito nemmeno un impianto per la gestione dei materiali differenziati e nessuna isola ecologica. Nel frattempo è rimasto un solo impianto di Trattamento Meccanico Biologico pubblico per l’indifferenziato, quello di Rocca Cencia, si è registrato lo zero assoluto in tema di progetti per ridurre i rifiuti e per aprire filiere di riuso, non si è visto lo straccio di un piano industriale per Ama, l’azienda pubblica che conta oltre 7.500 dipendenti, che applica l’aliquota Tari più alta d’Italia e che per volontà del M5s ha cambiato management per sette volte senza mai cambiare rotta.

Il disastro dell'M5s e l’agguato delle destre

La (mala) gestione del ciclo dei rifiuti è la cartina di tornasole dell’intera parabola del M5s in Campidoglio: tante promesse e chiacchiere sul cambiamento, nulla o quasi in termini di risultati di governo, con una città ogni giorno più fragile e sofferente che su alcuni dei principali asset cammina a passo di gambero. Sul tema specifico il fatto di aver rinunciato a una politica di investimenti sugli ecodistretti - per la trasformazione del rifiuto in prodotto industriale - e sulle pratiche di differenziazione, riduzione e riuso, ha ridato voce a chi vorrebbe ritornare al modello devastante delle discariche e degli inceneritori.

In modo simile lo sgoverno generalizzato di oggi costituisce un’arma di depressione di massa e rimette in carreggiata per il prossimo futuro quelle destre che sembravano fuori gioco, dopo l’epilogo di Alemanno. Invece, forti del vento in poppa nel quadro nazionale e internazionale, puntando sui peggiori sentimenti legati alle solitudini e alle difficoltà socio-economiche, su risentimento, sfiducia, rancore, paura, si candidano alla guida della città e ne cominciano a frequentare i quartieri nei punti nevralgici, piazze, strade, mercati rionali, giardini, con in testa la parte leghista. Sanno anche loro quanto soffre la collettività per la mancanza di cura minuta e di pensieri lunghi, vedono un’opportunità nell’angoscia diffusa, tentano di incunearsi nel corpo vivo e di guadagnare ingannevolmente il passi per arrivare al Campidoglio, da dove sferrare la coltellata finale: negare il diritto a un trattamento speciale degno del ruolo di Capitale e attuare contemporaneamente quell’autonomia differenziata che porta al nord fondi, strutture economiche, lavoro pubblico e privato. In due parole, uccidere Roma. Nell’estrema fragilità di questa fase storica, insomma – testimoniata sia dalla cronaca piena di omicidi legati ai mercati delle sostanze stupefacenti che da libri pregevoli come la storia della città invertita “Remoria” di Valerio Mattioli e “Le mappe della disuguaglianza” di Salvatore Monni, Keti Lelo e Federico Tomassi - si corre persino il rischio di affidarsi ai propri carnefici.

Salvare Roma

Lo spartiacque oggi è chiaro: chi difende l’operato recente del M5s capitolino e si ostina a voler aspettare la fine del mandato non può stare dalla parte del cambiamento. E’ auspicabile che molte realtà organizzate e singoli che hanno gravitato intorno all’esperienza della Sindaca Raggi si ricredano e facciano la scelta di mettere Roma prima delle realtà virtuali e delle dinamiche condominiali. Finché non avverrà, però, stanno oggettivamente contribuendo ad affondare la città e ad arare il terreno per l’ascesa di razzisti e nazionalisti. Non si può aspettare, c’è chi sta già in campo con sacche di vitalità più forti delle crisi e delle congiunture politico-amministrative. Ci sono tante realtà di movimento e civiche, sociali, artistiche, culturali e economiche – in molti casi isolate e in difficoltà -, quattro municipi in cui si stanno sperimentando forme di riaggregazione del tessuto sociale malgrado la cattiva amministrazione cittadina, un pezzo del personale delle aziende pubbliche impegnate in mobilitazioni difensive insieme alle forze sindacali. Serve un salto di qualità di tutti, indubbiamente, prendere coscienza di quanto sia indispensabile e urgente un progetto di comunità, mischiare la resistenza con la determinazione a salvare Roma, trascinarsi dietro le opposizioni politiche. Battere i due avversari che si hanno davanti, lo sgoverno della giunta Raggi e gli sciacalli scesi dal nord, è possibile solo se ci si mischia in profondità, con programmi, progetti e pratiche democratiche capaci di rimettere nel ruolo di protagonisti le forze migliori della città. Le stesse primarie possono essere il legame e il terreno di confronto di una coalizione sociale, non devono ridursi a un rito stanco, a cui si prende parte sulla base di qualche formula politicista. Chi vi partecipa si impegna a cooperare per assicurare una nuova stagione e ad archiviare definitivamente l’era Raggi, senza se e senza ma. Forza, il futuro è adesso!

* Andrea Catarci, Movimento civico