Roma a mano armata, lo “sbirro” e il cronista raccontano 40 anni di “nera”
Antonio del Greco e Massimo Lugli scrivono a quattro mani “Città a mano armata”
di Patrizio J.Macci
L'omicidio di via Poma, l'agguato a Renatino De Pedis, la caccia a Johnny Lo Zingaro: quando Roma era violenta, il poliziotto consumava le suole e i giornalisti scrivevano sul block notes.
Antonio Del Greco (il poliziotto) e Massimo Lugli giornalista de “La Repubblica”, il Principe della Cronaca Nera romana, si sono ritrovati fianco a fianco come una volta, quando i cronisti di “nera” salivano sulle alfette della Questura e schizzavano sulla scena del delitto insieme agli “sbirri” sgommando.
L’occasione per la reunion è un libro carico di adrenalina e con un filo di nostalgia scritto a due mani: “Città a mano armata” (Newton Compton Editore). Quarant’anni di Roma criminale raccontati da chi li ha vissuti in prima linea, quando le indagini si svolgevano esclusivamente T. S. (cioè consumando tacchi e suole, con lunghi ed estenuanti appostamenti) e i giornalisti avevano come unico strumento la penna, il block notes e lo svacco costante negli uffici della Questura a caccia di notizie e indiscrezioni.
La Banda della Magliana (tema nel quale Del Greco sbaraglia alcune leggende metropolitane e ridisegna i lineamenti), la lunga caccia a Johnny Lo Zingaro conteso con i “cugini” dell’Arma che apre il libro, l’omicidio di via Poma dove il grandissimo limite fu la mancanza degli strumenti tecnici investigativi all’epoca tecnologicamente primitivi per sbrogliare un delitto destinato a rimanere stampato a lettere di fuoco nelle cronache. Sono solo alcuni dei "fattacci narrati nel libro".
Anni di violenza nell'Urbe in bianco e nero raccontati senza sconti, attingendo esclusivamente al vissuto degli autori. Antonio Del Greco ora ha sessantaquattro anni, ha riconsegnato le manette, la pistola e il distintivo e continua a occuparsi di sicurezza; Massimo Lugli ha lasciato la scrivania di Repubblica e scrive romanzi con successo senza tralasciare ogni tanto di vergare qualche pezzo di cronaca sul filo della sua preziosa memoria quando serve.
Del Greco tra lavoro di strada, Dia, omicidi, Buoncostume e truffe sventate ha fumato migliaia di sigarette e bevuto ettolitri di caffè tra un interrogatorio e l’altro. Si è beccato anche una pallottola mentre era in servizio, il cinema e la televisione hanno chiesto la sua supervisione per alcuni progetti. Il metodo investigativo è stato completamente rivoluzionato, la tecnologia sempre più spesso inchioda il colpevole meglio di qualsiasi interrogatorio o riscontro e nelle aule di tribunale si assiste alla battaglia dei consulenti di parte come momento discriminante.
Sono passati pochi decenni dagli eventi, ma il salto dal punto di vista del metodo dà una vertigine: sembra di leggere il racconto delle indagini di Sherlock Holmes dal punto di vista di chi viaggi a bordo di un’astronave capace di raggiungere la velocità della luce.
Del Greco è l’investigatore che strappò una confessione a Pietro de Negri il “Canaro della Magliana”; fu convinto con un ingegnoso stratagemma a raccontare il suo efferato delitto, “sembrava posseduto, parlava con un’altra voce” ricorda il poliziotto. Storie nelle quali la componente umana e l’occhio dell’investigatore erano un elemento essenziale per inchiodare il colpevole.
In appendice il volume contiene un preziosissimo “Glossarietto poliziese-italiano (espressioni gergali, giudiziarie e altri orrori grammaticali)” a memoria d’uomo mai apparso in una veste così accurata.