Roma
Roma, il Tribunale del Riesame chiude: due mesi senza appelli. Libertà sospesa
Passo indetro nella notte, revocato lo stop alle udienze
di Diana Maltagliati
A Roma i diritti dei detenuti sono sospesi. Lo ha deciso il Tribunale di Roma, sezione speciale per il Riesame dei provvedimenti sulle misure cautelari, con un comunicato di poche righe appeso su una porta, con il quale annuncia che “la fissazione degli appelli è sospesa dal 1° settembre a l 31 ottobre”. Nella notte ecco però il passo indietro del presidente del Tribunale Francesco Monastero, che ha convinto al dietrofront Bruno Azzolini, il presidente della sezione riservata a decidere sulle istanze di riforma delle misure cautelari.
Ma cosa significa? Spiega il penalista scrittore Gianluca Arrighi: "La decisione di sospendere le udienze per due mesi è assurda e viola ogni principio minimo di civiltà giuridica".
Chi si rivolge al Tribunale del riesame, infatti, sono i soggetti che ancora non hanno avuto un processo e che si trovano in stato di carcerazione preventiva. Si tratti di arresti domiciliari, obbligo di firma o detenzione in prigione, questi detenuti hanno tempo 10 giorni per impugnare l'ordinanza emessa dal giudice e chiedere, per esempio, di uscire di galera per passare ai domiciliari.
Commenta l'avvocato Alessandro Diddi, già difensore di Salvatore Buzzi in Mafia Capitale: “È un provvedimento di una gravità inaudita. Si tratta di un organo che ha come funzione quello della tutela della libertà personale dei cittadini ed è previsto che debba operare anche in periodo feriale”.
Diddi denuncia una probabile carenza di organico, ma sottolinea come questo non possa e non debba influire su questa particolare sezione del Tribunale. “Se manca organico sono altre funzioni del tribunale che devono essere rallentate, non certo un organo che ha come suo esclusivo compito quello di tutelare la libertà personale, che è all'apice dei valori costituzionalmente garantiti. Qualcuno dovrà seriamente rispondere di quello che sta avvenendo”, commenta, facendo appello all'intervento del Ministro della Giustizia.
Tecnicamente, sostengono gli esperti di diritto, se il detenuto – non ancora giudicato e quindi ancora innocente – rimane in carcere preventivo per un certo periodo, si modificano le esigenze cautelari e può, quindi, chiedere direttamente al Gip di essere spostato ai domiciliari. Se il Gip rifiuta la richiesta, questa può essere impugnata al Tribunale del Riesame.
Aggiunge Arrighi: "La Costituzione stabilisce che ogni persona è innocente sino alla eventuale sentenza definitiva condanna. Anche per questo motivo il codice di procedura penale prevede una normativa rigorosa nel disciplinare le funzioni del tribunale del riesame. Sono sconcertato.". E conclude: “Il diritto del detenuto deve prevalere su tutto”.
E la Camera penale di Roma proclama lo stato di agitazione
Immediata la risposta ufficiale alla decisione della Camera penale di Roma. Ecco il testo del pesantissimo comunicato pubblicato la sera di mercoledì 29 agosto: “Con un semplice avviso, affisso fuori la porta della cancelleria, si è comunicato all’intero Distretto giudiziario del Lazio che per i prossimi due mesi, settembre e ottobre, non saranno fissate le udienze in materia di libertà previste dall’art. 310 del codice di procedura penale. Della serie “chiuso per ferie” ma post-ferie.
Ancora una volta il Tribunale di Roma-sezione distrettuale riesame ha azzerato i diritti di chi si trova in stato carcerazione preventiva, eliminando per due mesi il grado di appello rispetto alle istanze di revoca o sostituzione delle misure cautelari.
Un provvedimento di sospensione che si pone in totale contrasto con le disposizioni del codice che appunto, in materia di libertà personale, sono particolarmente attente a garantire al cittadino una rapida decisione. Dell’APPELLO cautelare deve essere dato IMMEDIATO avviso all’A.G. procedente. Quest’ultima deve trasmettere gli atti ENTRO IL GIORNO SUCCESSIVO all’avviso. Il tribunale è chiamato a decidere ENTRO VENTI GIORNI dalla ricezione degli atti.
Prescrizioni che, evidentemente, per il Tribunale valgono quanto le note “grida” manzoniane.
Disponendo tale sospensione il Tribunale è ancora una volta venuto meno a quella funzione di tutela dei valori supremi cui, in qualità di organo di giustizia, dovrebbe essere costantemente preposto ed ha così inspiegabilmente abdicato al compito di garantire quei principi costituzionali, in primis la libertà personale e l’inviolabilità del diritto di difesa, di cui tutti gli individui, soprattutto quelli privati della libertà personale, dovrebbero poter beneficiare senza riserve.
Né ai cittadini viene fornita alcuna motivazione a fondamento della disposta sospensione. Pur risultando arduo ipotizzare che possa verosimilmente sussistere una qualche spiegazione idonea a giustificare il sacrificio dei principi costituzionali in questione, è inammissibile che il Tribunale abbia del tutto omesso di rendere note le ragioni della propria decisione.
È certo però che i diritti in gioco sono quelli primari di qualunque cittadino coinvolto in un procedimento penale, sicché qualunque sia stata la ragione della sospensione appare evidente che rimedi concreti si sarebbero potuti e dovuti trovare. A tal proposito non possiamo fare a meno di rilevare come di fronte all’aumento spasmodico, da parte della Procura della Repubblica, di richieste di applicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali, il Tribunale abbia prontamente provveduto alla creazione di collegi ad hoc nella Sezione Specializzata Misure di Prevenzione, in modo da far fronte alle nuove istanze.
Di fronte ad un tale annichilimento di principi di rango costituzionale, la Camera Penale di Roma, anche in ossequio alla sua stessa storia, non può e non vuole rimanere silente.
La Camera Penale di Roma chiede pertanto che venga immediatamente revocato il provvedimento di sospensione e anzi insiste e sollecita il Tribunale affinché venga assicurata la fissazione delle udienze previste dall’art. 310 c.p.p. non oltre il termine di 20 giorni dalla presentazione degli appelli così come previsto dalla legge e come avviene nella gran parte dei Tribunali della Repubblica Italiana.
Si proclama immediatamente lo stato di agitazione e si riservano ulteriori iniziative.
Si dispone la trasmissione del presente deliberato alla Presidenza del Tribunale, alla Presidenza della Corte di Appello, al Sig. Procuratore Generale, alla Presidenza della Sezione Riesame.
Si trasmette inoltre al Presidente e alla Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane e al coordinamento delle Camere Penali del Distretto".