Roma
Roma in mano alla mafia, il colonnello dei Ros avvisa: “Tavolo tra i boss”
Blitz contro clan Fragalà: 31 arresti tra Ardea, Pomezia e Torvajanica. Il colonnello Sozzo tuona: “A Roma tavolo permanente tra le mafie”
Roma in mano alla mafia. Dopo il blitz contro il clan Fragatà che ha portato a 31 arresti, il tenente colonnello anticrimine del Ros, Giovanni Sozzo, avvisa: “Nella Capitale esiste un tavolo permanente tra le mafie”.
Dichiarazione choc quella di Giovanni Sozzo, tenente colonnello anticrimine del Ros, che durante la conferenza stampa sui 31 arresti eseguiti questa mattina nei confronti di persone legate al clan mafioso catanese dei Fragalà ha detto: "Nella Capitale esiste un tavolo permanente tra le mafie, dove si siedono e si incontrano gli appartenenti di mafie diverse. Si tratta di un livello di aggregazione che non esiste in nessun'altra parte d'Italia".
Per quanto riguarda gli arresti, l'operazione dei carabinieri del Ros, coordinati dalla Dda di Roma, contro il clan dei Fragalà ha portato a 31 persone in manette. Le indagini hanno permesso di ricostruire l'organigramma del clan. Avevano funzioni direttive: Alessandro Fragalà di 61 anni, il nipote Salvatore di 41 anni, e Santo D'Agata 61 anni in costante contatto con gli ambienti mafiosi catanesi sia per la gestione dei traffici illeciti sia per reclutare manodopera criminale per lo svolgimento dell'attività delittuosa nel Lazio.
Tra i 31 arrestati ci sono anche nomi conosciuti. C'è Astrid Fragalà, ex presidente di Confcommercio Pomezia. La donna si trova ora ai domiciliari. Secondo chi indaga avrebbe svolto un ruolo di cerniera tra il padre Alessandro, considerato tra i capi dell'organizzazione, ed esponenti della politica di Pomezia. Astrid, spiegano gli investigatori, avrebbe avuto contatti con diversi consiglieri comunali. Sono state tratte in arresto anche altre due donne considerate, dagli inquirenti, "soldati della cosca". Oltre ad Astrid, tra le persone arrestate c'è anche Francesco D'Agati, un uomo di Cosa Nostra. “Anni fa – dichiara il procuratore facente funzioni di Roma, Michele Prestipino - era capo mandamento di 'Villabate', alle porte di Palermo. Uno dei mandamenti al centro delle storiche indagini di Dda del capoluogo siciliano.”
“Un'inchiesta durata due anni, partita con Giuseppe Pignatone, e che ha portato alla luce una famiglia mafiosa a tutto tondo, perché i componenti risiedono e operano in questo spazio criminale. Nell'esercizio di queste attività - ha spiegato Prestipino – il clan di origine catanese si è 'federato' con altri gruppi criminali, in particolare con uomini vicini ai Casalesi con cui hanno dato vita a un cartello mafioso. Nel tempo abbiamo colto, infatti, rapporti con i Fasciani di Ostia e con i gruppi napoletani dei Senese e Pagnozzo.”
Mafia, capo clan Fragalà: “Se mi tradisce ammazzo pure mio figlio”
"Chi mi ha frequentato, chi ha camminato con me può dire chi sono io. Io quando mi sento tradito da qualcuno, che potrebbe anche essere mio padre o mio figlio, io gli sparo. Dice 'che ammazzeresti tuo figlio?', 'sì, sì, perché no? Se mio figlio cammina con me e facciamo il reato insieme e mi tradisce, io lo ammazzo". Così Alessandro Fragalà, in una conversazione del 2015 con un familiare, manifestava la sua 'leadership' e propositi violenti in caso di tradimento perché uno del clan si era reso irreperibile. Una linea condivisa anche dalla figlia di Alessandro Fragalà, Astrid che, secondo gli inquirenti, è ritenuta fondamentale nell'organizzazione del sodalizio criminoso per aver attuato "la strategia del padre di infiltrazione nella politica e nella pubblica amministrazione locale, avendo svolto importanti funzioni nell'associazionismo di categoria" e partecipando materialmente alla commissione di reati nel settore delle estorsioni e delle armi.
Mafia, le minacce dei Fragalà: “Ti faccio uscire coi piedi davanti”
"Qua se c'è qualcuno che comanda sono i Fragalà e basta. A Torvajanica abbiamo sempre comandato noi. La prossima volta che rientra qua, ti faccio uscire con i piedi davanti. E vai a dirlo a Sebastiano". Così diceva, in una conversazione intercettata il 5 febbraio del 2016, Ignazio Fragalà a due persone che attribuivano a Sebastiano Giuliani, un pregiudicato, un potere criminale sul territorio di Torvajanica. I Fragalà ritenevano di avere l'esclusiva commerciale (e non solo) sul litorale pontino al punto da ideare e realizzare atti intimidatori ai danni dei proprietari della pasticceria 'La Salernitana' che stava per aprire a Torvajanica, nonostante questi ultimi - si legge nell'ordinanza del gip Corrado Cappiello che ha firmato 33 misure cautelari - vantassero aderenze con la 'ndrangheta e fossero spalleggiati da esponenti di Cosa Nostra Catanese quali i Mascali intesi 'Catina'.
"Io ti do un consiglio e cerca di ascoltare, non aprire! - intima in un'altra conversazione Santo D'Agata, legato ai Fragalà, a Leonardo Guiderdone che avrebbe avviato la pasticceria in questione -. E' meglio per te. Tu hai voluto scavalcare Ignazio. O ci dai le chiavi oppure puoi aprire però sappi che all'indomani in poi tutto quello che ti succede siamo noialtri. Io ti sto solo dando un consiglio, poi decidi tu quello che vuoi fare. La fai a noialtri la scortesia? Ci meritiamo questo? Vuol dire che ci stai sfidando, così, frontale! Nemmeno nascosto, questa è una sfida frontale. Noialtri siamo per la pace, ma la guerra comunque non è che ci dispiace". Quell'esercizio, la cui apertura avrebbe fatto da concorrente al panificio 'Daniel Caprice' di Torvajanica di Ignazio Fragalà, fu effettivamente danneggiato con un incendio doloso il 28 aprile del 2015. E un analogo incendio venne appiccato al locale 'La Salernitana 2' aperto ad Ardea. "Da dove sei venuto tu scusa? Dalla Calabria? Allora torna in Calabria. Non sei autorizzato più ad impicciarti di niente, perchè questo non è territorio dei calabresi", dice in un'altra conversazione Alessandro Fragalà con un interlocutore, facendo intendere chiaramente come il clan controllasse in esclusiva tutto ciò che si muoveva intorno a quel tratto di litorale laziale.