Roma
Roma, la protesta degli operatori delle mense il 23: “No ai pasti ridotti”
Anir Confindustria chiama in piazza le aziende della ristorazione collettiva italiane per chiedere
Le aziende del settore della ristorazione collettiva, cioè delle mense pubbliche, lanciano la protesta. A organizzare la mobilitazione è Anir Confindustria: “No ai pasti ridotti nelle scuole e negli ospedali”.
Gli esponenti di questo settore si riuniranno il 23 marzo in piazza Santi Apostoli a Roma per chiedere soluzioni per la crisi che sta attraversando il settore, per chiedere il cosiddetto “pasto giusto”, cioè riconosciuto dall'Amministrazione Pubblica adeguando i contratti di servizio alle indicizzazioni dell’inflazione da parte dell’Istat. Altrimenti, dicono gli organizzatori, c'è il rischio di avere pasti ridotti nelle mense.
“Serve una soluzione - dice Lorenzo Mattioli presidente di Anir Confindustria - ad un problema che interessa la sorte di circa 1000 aziende, di 120 mila lavoratori, di cui l’80% donne, e che consente di produrre e servire ogni anno circa 1,3 miliardi di pasti ogni anno”.
Le richieste del settore della ristorazione collettiva
Innanzi tutto le aziende di questo settore chiedono un intervento del Governo, che finora non ha fatto abbastanza per scongiurare la crisi che ha investito il settore.
“Non possiamo che scendere in piazza -spiega Mattioli -per far sentire forte la nostra voce. Ad oggi, e ormai da troppi mesi, il 30% dei pasti erogati vengono pagati dalle stesse aziende che effettuano il servizio mensa. Una situazione insostenibile, più volte denunciata, ma rispetto alla quale non abbiamo ancora visto alcun intervento concreto, seppure più volte ci siamo anche presi l’onere di fare proposte concrete e attuabili. Che quello che le Istituzioni stanno attuando attraverso il nuovo codice degli appalti in materia di contratti pubblici è discriminatorio nei confronti di un comparto industriale, quello dei Servizi Pubblici, che non vede consentito ciò che è possibile al comparto dei Lavori Pubblici: ovvero riequilibrare i contratti in essere alle condizioni imprevedibili sopravvenute come pandemia prima e inflazione ora”.