Roma

Roma, “tassa sulla salute”, così Zingaretti salva la Regione Lazio dal default

I conti del bilancio del Lazio non tornano e il presidente Zingaretti li fa quadrare con l'addizionale Ifpef che pagano anche i poveri

di Donato Robilotta

“La Regione Lazio esce dal commissariamento ma Nicola Zingaretti lascia in vigore il balzello sulla salute”.

Torno a scrivere sulla questione delle tasse alte che sono in vigore sul territorio regionale per meglio specificare le modalità della cosiddetta tassa-balzello sulla salute, che somiglia molto alla famigerata tassa sul “macinato” ed è una vera e propria ignominia perché la pagano anche le famiglie meno abbienti.

Sono rimasto colpito dall’indifferenza con la quale la classe politica, a partire da quella regionale di opposizione che pare cloroformizzata dall’abilità tecnica dell’assessore Sartore, con rare eccezioni come l’onorevole Sestino Giacomoni di FI, che ha preso una netta posizione contro la Regione, abbia fatto passare sotto silenzio il fatto che l’amministrazione Zingaretti esce dal commissariamento ma lascia inalterate le aliquote Irpef, che sono le più alte d’Italia.

Così come mi ha colpito il silenzio assordante delle forze sociali e imprenditoriali che evidentemente non vogliono capire che l’alta tassazione incide sulle famiglie in maniera pesante ed è indice che i conti del bilancio regionale non sono affatto a posto, come pure si vuol far credere.

Dunque, la Regione Lazio esce dal commissariamento ma lascia in vigore la “tassa-balzello della salute”, istituita dall’art.1, comma 174, della legge 30 Dicembre 2004 n. 311, che determina una maggiorazione dell’aliquota pari allo 0,50%, che porta l’aliquota base dall’1,23% all’1,73%, e viene applicata a tutti i redditi. Questa tassa serviva a coprire il disavanzo sanitario per le Regioni commissariate ma una volta arrivati al pareggio di bilancio e usciti dal commissariamento non ha più una sua giustificazione, diventa così una vera e propria gabella che la Regione usa per fini diversi da quelli sanitari.

Il maquillage del bilancio regionale
L’abilità dell’assessore Sartore nel confondere le cose è fuori luogo ed è stata brava nel costruire il fondo taglia tasse, rimodulando in maniera diverse le aliquote Irpef ad alcune categorie, proprio per lanciare il messaggio che la Regione abbassa le tasse mentre sono le più alte. La norma sul fondo stabilisce infatti che chi ha un reddito al di sotto dei 35.000 euro, non superiore a 50.000, ma con tre figli a carico o figli disabili, al di là del numero, o ultrasettantenni portatori di handicap vedrà applicarsi l’addizionale Irpef base pari all’1,73% quindi maggiorata dello 0,50%.

Quindi a questi soggetti non viene applicata l’aliquota base stabilità inizialmente dalla legge dello Stato e pari all’1,23% ma la nuova aliquota base pari all’1,73%, decisa dalla Regione che con la fine del commissariamento ha inglobato la tassa-gabella sulla salute. Non solo, ma questo balzello sulla salute lo pagano anche quelli che hanno redditi al di sotto dei 35 mila euro, ed anche al di sotto dei 15 mila, insomma lo pagano tutti.

Dunque il fondo taglia tasse è solo uno specchietto delle allodole, la giunta Zingaretti abbassa a pochi l’aliquota ma mantiene il balzello sanità a tutti, tanto che vale 800 milioni a fronte dei 343 milioni del fondo. La tecnica è quella di diminuire a pochi e aumentare a tanti, cosa che crea delle distorsioni vistose che pagano le famiglie meno abbienti.

L'ordine del Mef: ridurre le tasse
Da tempo sia il tavolo di monitoraggio della spesa del Mef che la Corte dei conti avevano chiesto alla Regione di abbassare la quota della tassa sulla salute, dal momento che con la diminuzione del disavanzo gran parte degli introiti veniva usato non per la sanità ma per altri settori, come il Tpl e i servizi sociali.

Quano pagano i romani e quanto pagano i cittadini del resto d'Italia
Leggendo attentamente i report del Mef e dell’agenzia delle entrate si evince che nel Lazio ogni cittadino paga all’anno da un minimo di 260,00 euro a un massimo di 2.050,00 euro, a seconda dello scaglione di reddito. Un cittadino abruzzese da 260,00 a 1.300,00 euro, un lucano da 184,00 a 1.022,00 euro, un calabrese da 259,00 a 1.297,00 euro, un campano da 300,00 a 1.522,00 euro, un cittadino dell’Emilia Romagna da 199,00 a 1.444,00 euro, un friulano da 184,00 a 922,50 euro, un ligure da 184,50 a 1.507,00 euro, un lombardo da 154,00 a 1.200,00 euro, un marchigiano da 1.284,50 a 1.864,50 euro, un molisano da 259,50 a 1.531,50 euro, un piemontese da 243,00 a 1,926,00 euro, un pugliese da 199,00 a 1.191,00 euro, un sardo da 184,50 a 922,50 euro, un siciliano da 184,50 a 922,50 euro, un toscano da 213,00 a 1.190,00 euro, un cittadino umbro da 184,50 a 1.196,00 euro e un cittadino veneto da 184,50 a 922,50 euro.

Numeri che dimostrano come i cittadini del Lazio siano vessati in una maniera che non trova eguali nel resto d’Italia.

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