Roma
Roma, vende casa popolare e arriva maxi richiesta di risarcimento. La storia
Immobile acquistato in regime di edilizia agevolata rivenduto dopo l'ok del Comune, ma scoppia il caos
Immobile in regione di edilizia agevolata rivendenduto a prezzo di mercato. L'ex proprietario rovinato da una richiesta di risarcimento da oltre 250mila euro, nonostante il via libera del Comune: la storia.
Proprietario in "diritto di superficie" chiede al Comune di Roma il permesso di vendere, ma una sentenza, la n° 18135 del 2015, ribalta lo scenario. È la storia di Davide Ciuccini, uno dei tanti ex proprietari di immobili romani acquistati in regime di edilizia agevolata finiti al centro delle polemiche. La sua disavventura ci arriva dal Comitato venditori 18135, che riunisce proprio le vittime di questo meccanismo. David racconta di come abbia chiesto in tempi non sospetti al Comune di Roma se e a che prezzo vendere il proprio immobile, ricevendo una lettera di risposta dove si evidenzia come l’unico vincolo è vendere dopo 5 anni dalla prima assegnazione. "Successivamente affido il mandato all'agenzia immobiliare - racconta David - Trovato l'acquirente, firmiamo il preliminare, ci rechiamo dal suo notaio di fiducia e infine perfezioniamo il rogito. Passano gli anni, passano le leggi, arriva la sentenza a sezioni unite n° 18135/2015". E qui iniziano i guai.
"L'acquirente mi invia una lettera di messa in mora per la restituzione di 250.000 € + interessi, legalmente si chiama 'ripetizione dell'indebito' (art. 2033 c.c.), perché secondo la legge, come dice la sentenza 18135, dovevo vendere il mio immobile al prezzo imposto dalla convenzione con il Comune di Roma".
La quesione finisce così in tribunale, ma davanti ai giudici gli eventi assumuno una piega inaspettata: "Il nulla-osta rilasciato dal Comune di Roma non ha valore legale, non è un atto provvedimentale, quindi si sono sbagliati (in buona fede) ad interpretare la legge e non è colpa loro.Il notaio non ha colpe perché la legge 865/71 è 'ondivaga', in quel momento si seguiva la 'prassi' e l'orientamento consolidato era la totale assenza dei vincoli sul prezzo di cessione. L'agenzia immobiliare non ha colpe perché è solo un intermediario tra acquirente e venditore - commenta ancora amaro David - Pur avendo seguito le disposizioni delle istituzioni e rispettato tutte le procedure, oggi mi ritrovo a dover risarcire all'acquirente una cifra astronomica senza avere la minima colpa. Ovviamente questi soldi che mi chiedono NON LI HO, in quanto con il denaro incassato dalla compravendita, ho a mia volta acquistato un nuovo appartamento come prima (e unica) casa".
Da un giorno all'altro si è quindi ritrovato a dover pagare 250mila euro, vittima inconsapevole di un "gioco" che coinvolge tantissimi romani. Solo nella Capitale gli potenzialmente coinvolti sono infatti 200.000 in 125 piani di zona. Oltre 80 famiglie, con un importo da restituire pari a 15 milioni, si sono così unite nel Comitato Venditori 18135, che dallo scorso marzo racconta e diffonde storie come quelle di David: "Non riusciamo a credere che oggi ci troviamo in questa assurda e drammatica situazione dopo aver seguito tutte le indicazioni che a Roma, per almeno 30 anni, hanno concordemente dato Notai, Comune, Costruttori, Agenzie Immobiliari, Istituti di Credito ed anche la Giurisprudenza prevalente - si legge ancora nella nota - Non riusciamo a credere che oggi siamo noi, inconsapevoli ed incolpevoli, che dobbiamo pagare un prezzo così caro, con il sangue della nostra famiglia, per colpe che non sono le nostre! Non riusciamo a credere che lo Stato permetta una tale ingiustizia: che l'acquirente sia legittimato a pretendere da noi centinaia di migliaia di euro, che abbiamo speso anni fa per comprare un'altra prima casa, e poi, con poche decine di migliaia di euro (tramite 'affrancazione', legge 106/2011), possa avere un immobile vendibile a prezzo di mercato ed intascarsi ingiustificatamente l'enorme differenza".
La lunga lettera si conclude poi con un appello alle istituzioni, affinché intervengano per sbloccare una situazione che tiene in bilico il destino di miliaia di famiglie romane: "Chiediamo un urgente intervento delle Istituzioni per risolvere questa drammatica situazione. Anche i Notai ed il Comune di Roma auspicano un intervento del Legislatore. Gli stessi Giudici del Tribunale non sono concordi nel giudizio: a gennaio 2018 una sentenza di condanna a restituire l'intera cifra di 300.000 euro, ad aprile 2018 un'altra per la sola 'affrancazione' di 10.000 euro".