Roma
Sanità, Bartoletti lancia l'SOS: "Entro 2 anni prestazioni pubbliche morte"
Il segretario della Federazione dei medici: "Se il pubblico non fa un passo in efficienza e compatibilità con i costi rischia di rimanere residuale"
“La Sanità pubblica? Entro due anni sarà morta”. Con una smorfia di dolore il segretario della Federazione dei medici di Roma e del Lazio, Pierluigi Bartoletti, analizza lo stato della Salute del Paese e traccia un bilancio per il Lazio dopo un anno di Giunta Guidata da Francesco Rocca. “Mai visto da quando è presidente”.
Secondo Bartoletti, gli effetti del Pnrr e delle Case di Comunità insieme alla sindrome da palazzinari che ha portato la nuova Giunta a programmare una serie di nuove strutture, non porterà alcun beneficio alle due grandi problematiche del Lazio: i tempi di attesa al Pronto Soccorso e le liste d'attesa per la diagnostica specialistica. E la medicina di base, quella dei medici di famiglia e la prevenzione, sono il primo anello del sistema che rischia di saltare.
Bartoletti, cosa è cambiato in un anno di Rocca alla guida del Lazio come presidente e come assessore alla Sanità?
“Per noi non è cambiato nulla, stiamo aspettando un incontro ufficiale come delegazione per definire il nuovo assetto come da obiettivi del Pnrr”.
Quali sono gli obiettivi?
“C'è il mantra delle Case di Comunità per il quale non non siamo pregiudizialmente conto ma bisogna capire la capienza, i tempi e parlando con dei medici anche chiarire gli aspetti organizzativi che ni sembrano basilari per una scelta professionale”.
Ma cosa dovrebbe accadere all'interno di queste Case di Comunità?
“Ad oggi sono poliambulatori e cosa accadrà non lo so. Quelle che io conosco sono le Case della Salute di vecchia memoria e che oggi sono attive anche nel Lazio e che sono attive anche nel Lazio. Abbiamo degli studi di medicina generale, ci sono degli specialisti e alcuni infermieri e si fanno prestazioni di primo livello”.
Cosa cambia per il cittadino che ha bisogno di cure mediche? Sono in gradi di ridurre le liste d'attesa?
“Se uno gli da gli strumenti, penso di sì. Quelle che ci sono adesso funzionavano anche prima quindi non è che c'è stata un'implementazione. Quello che facevano prima lo fanno anche adesso”.
Secondo la sua esperienza da medico di famiglia oltre che di sindacalista dei medici, le liste d'attesa sono diminuite o aumentate?
“Aumentate”
Nonostante Cup gestisca anche le agende dei privati convenzionati?
“Non per essere ipercritico, per fare le riforme ci serve tempo ò E' dalla Giunta Storace che si sono fatti tentativi per ridurre le liste e non c'è riuscito nessuno. Servirà del tempo, mi auguro che il tempo che serva sia poco perché ad oggi per alcune prestazioni si va anche a fine anno”.
Ma non c'è un eccesso di diagnostica?
“50 anni fa si facevano diagnosi con l'endoscopio e poi magari si andava dal cardiologo. Oggi per fare una diagnosi precisa.. se vieni nel mio studio io non faccio una diagnosi, apro un problema e per fare una diagnosi ho la necessità di adeguarmi ai tempio e fare indagini più sofisticate. L'ecografia la possiamo fare nei nostri studi ma spesso non basta. Bisognerebbe adottare dei sistemi di presa in carica. Io posso fare il mi lavoro sino a un certo punto, poi servirebbe altro. Ed è un problema che non si risolve con le Case di Comunità ma con l'organizzazione del servizio”.
Lei ha fatto una profezia: entro due anni la Sanità pubblica resterà un ricordo. Perché?
“I segnali ci stanno tutti. Sono cresciuti nei nostri studi le persone che hanno polizze integrative anche con i contratti di lavoro. Sono aumentate in maniera esponenziale. Prima era un fenomeno limitato, ora anche i lavori dell'Atac hanno la polizza assicurativa. Accanto all'integrazione se il pubblico non fa un passo in termini di efficienza e di compatibilità con i costi rischia di rimanere residuale. Non è una profezia ma un dato di fatto”.