Roma
Sanità, liste d'attesa: "Occorrono soluzioni strutturali non costosi tamponi"
"Che le liste d'attesa in sanità siano un problema lo si sa da anni, almeno 15. Che da 15 anni si cerchi di risolvere questo problema è cosa nota. Come note sono le inefficaci e costose soluzioni proposte sino ad oggi. Il cup regionale è tra queste come la non gestione delle agende di alcune grandi strutture pubbliche e' un'altra, come l'assenza del privato accreditato nell'offerta Recup e' un' altra ancora".
Lo sostiene Pierluigi Bartoletti segretario Roma e vice segretario vicario nazionale Fimmg che continua: "Non parliamo poi dell'altra misura della giunta Polverini di aprire gli ambulatori il sabato e domenica, un altro costoso fallimento. Come un fallimento è stato spendere milioni di euro per aumentare l'offerta di tac e risonanze".
Prosegue Bartoletti: "Le liste di attesa sono una malattia che si porta dietro complicazioni come l'uso distorto dell 'intramoenia in ospedale, il trionfo del privato low cost, l'abbandono progressivo del servizio pubblico da parte delle fasce d'età lavorativa ed ora anche dei malati cronici e degli anziani. Costretti a pagare per controllarsi. Ciò che stupisce e' la pervicacia nell'affrontare il problema. Con soluzioni sono ad oggi di provata inefficacia. Che non riorganizzano un sistema complicato ed altospendente ma si limitano a mettere pezze posticce su un problema noto, politicamente pericoloso, perché ritenuto, a mio parere a torto, irrisolvibile. Certo e' più semplice aumentare l'offerta, come l'ipotesi di aprire le strutture pubbliche fino a tarda sera, Iniziativa buona per fare titolo ma non per risolvere il problema, che mettere le mani in modo strutturale in una giungla di regole norme decreti circolari perloppiu inapplicati o di difficile applicazione, piuttosto che costruire un sistema regolato e partecipato ed anche ordinato che dia le giuste risposte nel giusto tempo. Vista la situazione non possiamo permetterci l'ennesimo fallimento. Per chi è malato il tempo non è' denaro ma vita, per chi cura l'impossibilità di poter gestire un malato nel suo percorso non è' una pratica nel cassetto ma frustrazione professionale".