Roma
Sanità pubblica, sprechi ed eccellenze. “Piano Marshall per i medici di base”
Lazio fuori dal Commissariamento: “La Regione torni a ragionare sulle reali esigenze”
di Valentina Renzopaoli
La sanità pubblica tiene pur tra tra difformità, squilibri, disuguaglianze. Ma sprechi, lunghezza delle liste d'attesa, intromoenia, corruzione continuano ad essere i problemi più urgenti da affrontare.
Lo rivela il primo Rapporto Enpam ed Eurispes “Il termometro della salute”. Pierluigi Bartoletti, appena eletto nuovo vice presidente dell'Ordine dei medici di Roma, ha scelto affaritaliani.it per commentare l'indagine.
Dottor Bartoletti, le chiedo per prima cosa una valutazione generale del rapporto realizzato dall'Osservatorio Salute, legalità e previdenza Enpam Eurispes.
“La mia valutazione da una parte collima con la sensazione comune di un sistema che potrebbe dare molto di più e non lo fa per i problemi noti e citati dallo stesso Ministro della Salute Lorenzin, dalla corruzione agli sprechi alla incapacità di cambiare il modo di gestire la cosa pubblica. Dall'altra parte, l'immagine che ne deriva è come quella di un'analisi di laboratorio ben fatta da cui risultano valori alterati ma per cui non c'è la terapia”.
Un primo problema serio riguarda proprio la sua categoria, quella dei medici di famiglia che nei prossimi anni, sembra saranno “merce rara”. Si prevede infatti entro il 2023 una carenza di medici di base di circa 16mila unità: significa che un terzo degli italiani rimarranno senza problemi.
“Il problema esiste e le misure dovrebbero essere prese immediatamente, anzi si sarebbero dovute prendere “ieri”. Per i 16mila medici di famiglia che mancheranno all'appello bisogna iniziare subito una piano Marshall per la formazione: mettere a disposizione le borse di studio per i medici di famiglia dal 2018 in modo che nel 2021 saranno formati e specializzati. Insomma la diagnosi del problema c'è, ci sarebbe anche la presunta terapia ma al momento non c'è la terapia reale”.
L'indagine ha però rilevato che, tutto sommato, la sanità italiana non è affatto al tracollo, anzi continua ad essere tra le migliori al mondo. E' la stessa sensazione che si ha anche dall'interno?
“Il sistema tiene. In generale, la mia esperienza mi fa dire che tiene soprattutto quella che in gergo si chiama “alta complessità”, ovvero il settore delle patologie complesse. Il problema è che alla cura ci si arriva non in tempo, o meglio, ci si arriva meno rapidamente di quello che si dovrebbe. Nel nostro Paese ci sono delle eccellenze ma per le fasce di reddito più basse è difficile accedere a questo tipo di cure”.
Uno dei nodi più critici rilevati riguarda il sistema dell'intramoenia che è stato definito “un autogoal del sistema sanitario”. E' d'accordo?
“Sulla valutazione relativa all''intramoenia ho delle forti perplessità e non mi convincono i numeri. Il sistema intromoenia è un sistema complesso e rigidamente regolamentato e una parte dei ricavati dovrebbe essere girato al sistema sanitario per diminuire le liste d'attesa. Se si parla con i medici che praticano l'intramoenia, raccontano che delle fatture emesse a nome della struttura sanitaria, ciò che rimane al medico è il 30%. E allora non si capisce dove vanno a finire i soldi, visto che secondo il rapporto nelle casse pubbliche entrerebbe poco più del 10% dei volumi generati. Ho dei dubbi anche sulla discrasia tra le liste d'attesa per le visite nel pubblico e in intramoenia: già dal 2004 esiste la possibilità di bloccare le agende dei medici in caso di discrasia evidente tra i tempi d'attesa dell'istituzionale e quelli del privato. Io credo che il problema non sia l'intramoenia ma la modalità di gestione del sistema e delle agende che sono regolate non dai medici ma dal Cup, ovvero dalla Regione”.
Il Lazio alla fine del 2018 uscirà dalla gestione commissariale. Cosa cambierà?
“E' un'ottima notizia: innanzitutto uscire dal piano di rientro significa diminuire le addizionali Irpef e quindi la pressione fiscale. Poi, finalmente la Regione riprende in mano l'organizzazione della sanità regionale sulla base delle esigenze del Lazio, che è una regione molto complessa con alcuni segnali preoccupanti, come quello degli indicatori della salute per la fasce più deboli. Inoltre esistono delle aree con serie criticità.
Quali?
L'area del Cigolano nel reatino, la Val di Comino nel Frusinate, alcune zone al confine nord con l'Umbria e al confine sud con la Campania.