Roma

Sanremo, Pro Vita contro il Festival: “Fiera del gender e della poligamia”

Tra pochi giorni inizia il Festival di Sanremo: i pro vita sono sul piede di guerra. Obbiettivo è soprattutto il concorrente Rosa Chemical

Continua la battaglia di Pro Vita & Famiglia contro il Festival di Sanremo, che comincerà tra una settimana. Il motivo è che secondo l'associazione il Festival sarà, come ogni anno secondo loro, un'occasione per fare propaganda Lgbt, per il gender fluid, il tutto finanziato dai soldi del canone. Per portare avanti la loro campagna, la Onlus ha lanciato una raccolta fondi.

Pietra dello scandalo è soprattutto il Rosa Chemical, il rapper che ha dichiarato in un'intervista rilasciata a Vanity Fair che con le sue canzoni a Sanremo porterà l'amore aperto, poligamo, la pornografia e il sesso promiscuo. Oltre a questo, lamentano, tra i co-conduttori e gli ospiti delle serata ci saranno molti personaggi paladini dei diritti Lgbt. Tutte cose inaccettabili, secondo l'associazione.

“Anche quest'anno, insomma, il Festival di Sanremo - si legge in un comunicato - sarà utilizzato col nostro canone per diffondere messaggi ideologici, relativisti, scadenti e immorali. Stiamo portando avanti una campagna per protestare contro il continuo abuso del nostro canone per fini di propaganda ideologica”.

La strategia di Pro Vita & Famiglia

Negli ultimi anni la Rai, dicono, “ha riempito i palinsesti di contenuti gender e LGBTQIA per influenzare la società. Persino su RaiGulp, il canale dedicato ai bambini, sono stati inseriti video, cartoni e programmi sull’orientamento sessuale e l'identità di genere. Uno scandalo che deve terminare”.

Scopo di Pro Vita & Famiglia è quindi quello di fare pressione sul Governo affinché costringa la Rai a cambiare rotta, denunciando l'indottrinamento, potenziando i propri canali comunicativi e ottenere l'intervento di istituzioni e autorità, come l'Agcom. Per far tutto questo l'associazione sta raccogliendo fondi, chiedendo un contributo tra i 15 e i 35 euro. “Il Festival comincia tra poco, dobbiamo farci sentire adesso se non vogliamo che diventi la fiera del gender”.