Roma

Scattone lascia: non insegnerà. "Mi è impedita una vita normale"

Travolto dalle polemiche seguite all'assegnazione della cattedra nel liceo romano Einaudi, Giovanni Scattone, accusato e condannato per il delitto della studentessa Marta Russo, ha deciso di rinunciare all'incarico.
E come risposta pubblica al "movimento spontaneo" che si era creato intorno al suo  nuovo lavoro di "formatore in psicologia", ha scelto un gesto plateale, affidando all'agenzia di stampa le motivazioni della sua rinuncia. All'agenzia di stampa spiega: "Se la coscienza mi dice di poter insegnare, la mancanza di serenità di induce a rinunciare all'incarico". Che poi ha aggiunto: "Con grande dolore ed amarezza - dice Scattone, assistito dall'avvocato Giancarlo Viglione - ho preso atto delle polemiche che hanno accompagnato la mia stabilizzazione nella scuola con conseguente insegnamento nell'oramai imminente anno scolastico. Il dolore e l'amarezza risiedono nel constatare che, di fatto, mi si vuole impedire di avere una vita da cittadino 'normale. "La mia innocenza, sempre gridata - aggiunge - è pari al rispetto nei confronti del dolore della famiglia Russo. Ho rispettato, pur non condividendola, la sentenza di condanna. Quella stessa sentenza mi consentiva, tuttavia, di insegnare. Ed allora sarebbe stato da Paese civile rispettare la sentenza nella sua interezza".