Roma

Schiavizzate, violentate e poi uccise. Donne e caporali nelle foto di Tiziana Luxardo

di Gabriella Sassone

Immagini strong, scioccanti, fin troppo realistiche. Nude e crude, in bianco e nero. Potenti come un pugno nello stomaco. Si parte con la fatica del lavoro sui campi: la donna è intenta a raccogliere i pomodori. La stessa donna che poi si trasforma in sguattera e serve il cibo in tavola al suo “padrone”. C’è la violenza fisica e verbale, quella manona maschile grassoccia e sporca sul viso di lei, per umiliarla e sottometterla, prima di sbatterla al muro. E poi c’è lo stupro: lui a braghe calate, col culone grasso e cellulitico di fuori, che sopraffà lei. Ecco immortalata la violenza delle violenze, quella sessuale, quella difficile da dimenticare per tutta la vita. Un rapporto rubato con la forza bruta e con le minacce, squallido, senza amore, da codardi, solo per soddisfare i propri bisogni e far capire chi comanda. E dopo la violenza, c’è l’aborto, le lacrime e la sofferenza per aver dovuto eliminare un figlio non desiderato e non concepito per amore. E c’è ancora lei, la schiava con le mani nei capelli e due rosari tra le mani, quello cristiano e quello induista, che non sa a quale Dio rivolgersi per farsi aiutare. Tanto che alla fine muore sui campi.
E’ un racconto fotografico da far accapponare la pelle ideato per rappresentare l’orribile piaga del Capolarato, ancora viva nel nostro Paese, soprattutto nel Sud dell’Italia. E non certo nei paesi dove regna l’Isis e la sua legge del terrore. Ebbene sì, nell’era dei droni, dell’ipertecnologia, delle guerre chimiche e informatiche, dei robot che si apprestano a sostituire il lavoro dell’uomo, c’è ancora una fetta del Belpaese che vive come nel Medioevo, vittima della sua stessa ignoranza, della sottocultura e del degrado. Non servono molte parole, perché gli scatti nella loro crudità parlano da soli, per descrivere l’ultimo lavoro della fotografa Tiziana Luxardo.
Stavolta la caparbia Tiziana, dopo il calendario dei prostituti e delle prostitute che si son messi a nudo chiedendo di legalizzare la loro professione, si è addentrata nel complicato mondo del Capolarato. Dodici scatti in bianco nero, immagini concettuali che descrivono questo odioso fenomeno ancora non pienamente risolto. “Siamo uomini o caporali…”, è il titolo del calendario 2016 che la Luxardo ha realizzato su richiesta di Codacons e Cia-Agricoltori Italiani. E’ un calen-denuncia contro lo sfruttamento e la violenza sulle donne nelle campagne dai parte dei datori di lavoro, i Caporali, appunto. Non ci sono nudi né immagini glam. Ma la triste realtà. Sui campi sono ancora molte le donne, soprattutto dell’Est, sfruttate, ricattate, umiliate, violentate, trattate come schiave. “E’ una piaga a molti sconosciuta che mi ha spinto a riflettere. L’obbligo di un artista è anche quello di comunicare attraverso la creatività concetti più duri e profondi per arrivare in maniera diretta all’anima delle persone”, dice la Luxardo che presenterà il suo lavoro giovedì 17 dicembre allo Stadio di Domiziano di via di Tor Sanguigna. Il lunario, stampato in tiratura limitata (1.000 copie) andrà anche a tutti gli agricoltori italiani che operano nella più cristallina legalità ed etica, che lo utilizzeranno per invitare i colleghi ad aderire alla “Rete del lavoro agricolo di qualità”.
“Tra le vittime di questi criminali, spesso alimentati dal sistema delle mafie, ci sono proprio gli agricoltori perbene e i consumatori. I primi danneggiati due volte: in termini d’immagine del settore e nella competitività delle loro produzioni. I secondi, acquirenti inconsapevoli di prodotti frutto di violenze e malaffare”, spiega ancora la Luxardo che si è documentata sulle “schiave dell’agricoltura”: quelle donne che, giunte in Italia con l’utopia di condurre una vita migliore, son costrette a lavorare in condizioni disumane, ricattate, picchiate e stuprate. E’ una modella per caso, la ventottenne Domika Cosik, la fanciulla d’origine polacca scelta per rappresentare molte sfortunate ragazze dell’Est Europa. A rappresentare il “padrone” dominatore e violento, la peggior specie di maschio alfa, la fotografa ha voluto un muratore romano quarantenne, Luciano. “Passando per strada ho visto questo muratore con le braghe calanti e il culone di fuori: l’ho subito assoldato. Era perfetto per il mio lavoro”, spiega Luxardo.