Roma

“Servono soldi? Ecco un prestito”. Pressa banda di usurai: interessi al 240%

Operazione “Money box”, minacce e aggressioni fisiche per chi non pagava: così la gang degli strozzini di Porta Portese terrorizzava le vittime

“Servono soldi? Ecco per te un prestito vantaggiosi”, ma dopo poco minacce e aggressioni fisiche per chi non pagava. Così una banda di usurai romani del quartiere Portuense riusciva a convincere le vittime che corrispondevano interessi fino al 240% su base annua.

 

Usura, estorsione, riciclaggio, autoriciclaggio, esercizio abusivo di attività finanziaria e favoreggiamento reale, questi i reati contestati ai sette indagati, nell'ambito dell'operazione 'Money box' in corso da questa mattina da parte della Squadra Mobile - Sezione “Reati contro il Patrimonio”. Le indagini hanno preso spunto da alcune denunce raccolte da vittime nella zona Portuense-Marconi-Trastevere, in cui gli indagati avevano istituito la loro base operativa all’interno del celebre mercato rionale di “Porta Portese”, dove venivano fissati appuntamenti con i clienti, concessi materialmente i prestiti di denaro ed effettuate le riscossioni. Le dichiarazioni hanno trovato riscontro grazie all’attività tecnica, realizzata attraverso intercettazioni, analisi dei video e approfondimenti bancari.

All’esito delle investigazioni, che si sono sviluppate a cavallo tra la fine del 2019 ed i primi mesi del 2020, è stato possibile ricostruire le mansioni svolte da ciascun indagato, secondo un preciso progetto illecito consistente nella sistematica concessione di prestiti di denaro ad interessi usurari a soggetti in difficoltà economiche, con l’aggiunta di eventuali “multe” che venivano comminate in caso di ritardo nei pagamenti.

La forza intimidatrice era dettata inoltre dall’ingenerare nelle vittime la convinzione di appartenere alla famigerata “Banda della Magliana”, facendo leva sulle omonimie con alcuni dei più noti componenti della famosa banda; in altri casi sono stati millantati rapporti stretti con le organizzazioni criminali dei “Casalesi” o dei “Casamonica” ovvero della ‘Ndrangheta.

Tra gli indagati figura N.M., 46enne romano con vari precedenti di polizia alle spalle, che si avvaleva della stretta collaborazione dei fratelli D.G. e D.M. rispettivamente di 46 e 48 anni: i tre usavano come base logistica il box adibito alla vendita di accessori per auto, ubicato proprio nel noto mercato “Porta Portese”. A concorrere nell’illecita attività nonché nei fatti estorsivi vi era il suocero del principale indagato, S.M., di anni 65 con a carico vari precedenti di polizia, mentre V.A. e D.A., anch’essi romani rispettivamente di 48 e 43 anni, avevano il compito di recuperare dalle vittime le somme di denaro, frutto di usura e abusivo esercizio del credito. I proventi venivano affidati a D.M., 57enne con alcuni pregiudizi, cui è contestato il reato di riciclaggio in quanto, sfruttando la copertura fornita dalla propria impresa edile, si occupava di porre all’incasso gli assegni che le vittime avevano consegnato agli usurai quale garanzia per ottenere i prestiti, giustificando tali introiti quali saldi di fatture, così ostacolando l’identificazione della provenienza illegale del denaro.

Le modalità illecite con cui venivano concessi i prestiti sono venute alla luce mediante gli approfondimenti investigativi, attraverso cui si è accertato che gli interessi praticati superavano il 240% su base annua. La modalità di estinzione invece si basava sul modello c.d. “a fermo”: infatti il debito sarebbe stato considerato estinto solo mediante il pagamento per intero della sorta capitale. Con tali modalità, in pratica, la vittima si trovava a restituire, nel giro di pochi mesi, addirittura circa il doppio o il triplo dei soldi ottenuti in prestito, sempre al netto delle “ristrutturazioni” del debito effettuate arbitrariamente dagli indagati man mano che non rientravano del denaro prestato nei tempi concordati. La resistenza delle vittime di usura veniva vinta mediante estorsione, perpetrata con minacce ed aggressioni fisiche. Il sistema operativo delittuoso ben collaudato non ha subito arresti neanche durante l’emergenza dettata dalla pandemia da Covid-19 e il vigore delle restrizioni imposte, poiché gli indagati hanno riorganizzato la propria attività riscuotendo i ratei usurai a domicilio.

Con l’esecuzione dei provvedimenti, tre soggetti sono stati portati alla casa Circondariale di Regina Coeli, tre agli arresti domiciliari e ad uno è stato notificato l’obbligo di firma.

Agente immobiliare con l'hobby dell'usura arrestato dai carabinieri

Quella della Polizia di Stato a Portuense non è stata l'unica operazione contro l'usura a Roma. I Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia Roma E.U.R. hanno arrestato nella flagranza di reato per usura C.A., agente immobiliare romano di 55 anni, conosciuto alle forze dell’ordine, dopo essere stato fermato mentre riceveva la somma contante di 800 euro da un imprenditore, già titolare di alcuni punti vendita di generi alimentari, che stava pagando parte di un prestito concessogli con interessi ben oltre la soglia di legge. L’operazione di polizia giudiziaria è stata compiuta nell’ambito di indagini diretta da Pubblico Ministero del pool della Procura di Roma - Reati contro il Patrimonio, coordinato dal Procuratore Aggiunto Lucia Lotti.

L’attività investigativa è stata avviata lo scorso maggio, a seguito delle dichiarazioni rese ai Carabinieri della Stazione Roma – Villa Bonelli dall’imprenditore, disperato per non riuscire più a far fronte ad alcuni prestiti concessigli a tassi usurari. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, la vittima, trovandosi in difficoltà economica per l’attività imprenditoriale, aveva ricevuto dal 2007, in più trance, due prestiti “a fermo” della somma complessiva di 55.000 euro con un tasso usuraio dapprima del 10% e poi ridotto al 5% da corrispondere mensilmente, per il quale aveva già versato circa 250.000 euro come interessi maturati nel corso del tempo, temendo di subire ripercussioni fisiche in caso di mancato pagamento. 

La vittima, non avendo percepito redditi negli ultimi mesi causa delle limitazioni imposte sulla circolazione per il contenimento dell’emergenza epidemiologica del Covid-19, aveva cercato di rinviare l’ennesimo appuntamento con il creditore implorandogli una dilazione del pagamento degli interessi. Tale richiesta provocava il risentimento dell’usuraio che pretendeva la riscossione della quota di interessi e quindi obbligava l’uomo ad incontrarlo per consegnargli il denaro. Dopo l’arresto, i militari hanno eseguito la perquisizione dell’abitazione del 55enne, a seguito della quale sono stati sequestrati 65.000 euro in contanti, libretti di assegni bancari, telefoni cellulari e 2 orologi pregiati, oltre a vario materiale contabile ritenuto collegato all’attività usuraria. 

A seguito della convalida dell’arresto, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale Capitolino ha applicato la misura della custodia cautelare in carcere, alla luce dei gravi reati contestati e delle conseguenze derivanti dal comportamento usurario tenuto.