Sesso, droga, amore e un omicidio: “Battito di Ciglia” come una roulette - Affaritaliani.it

Roma

Sesso, droga, amore e un omicidio: “Battito di Ciglia” come una roulette

“Battito di Ciglia”, l'ultimo romanzo di Giorgio Cameli, gira vorticosamente come la pallina al tavolo della roulette

di Patrizio J. Macci

Rien ne va plus. “Battito di Ciglia” (Ponte Sisto Editore) di Giorgio Cameli è un romanzo dove ogni cosa gira vorticosamente come la pallina al tavolo della roulette. L’amore esplode giovane, si consuma per l’intervento di agenti esterni e si riaccende dopo anni, per spegnersi forse definitivamente. Forse.

 

Scandito in “capitoli di realtà” - e ce n’è a iosa: gioco d’azzardo, automobili, case, quadri d’autore da vendere e da comprare, persone che spariscono e ricompaiono - e “verbali” che ancorano il protagonista Stefano, alter ego conclamato dello scrittore, alla vita e gli permettono di analizzare quello che succede alla sua esistenza e a quella delle persone che lo incrociano.

Le pagine scorrono via come fossero acqua fresca per un assetato, ma lasciano un retrogusto inconfondibile tra filosofia e poesia. Tra amicizie che si schiantano, persone che si sottraggono alla vita, o tolgono la vita ad altri, Stefano trascorre ore, giorni, anni a giocare d’azzardo e a punirsi. Tutto per “colpa”, o per “amore” di Carla. C’è una frase che scolpisce il romanzo: “Un mio amico, grande bevitore, diceva che l’alcol gli serviva per dimenticare. Io (ma parlo anche per gli altri due) gioco, giochiamo per nascondere qualcosa, per nasconderci dietro qualcosa”.

A “Battito di Ciglia” non manca nulla: c’è sesso, droga, champagne, malattie e morte, amore e tradimento, matrimoni in bilico e apparenze da conservare. C’è il viaggio come metafora, i protagonisti sono sempre in giro affannati per tentare di salvare naufragi economici personali, con la musica dei Beatles e di Baglioni, della Bertè e di Vendetti, di Dalla e di Battisti a palla. Zeppo di imprevisti e colpi di scena, come tutti i gialli che si fanno leggere, il romanzo termina lasciando nel lettore il rovello di capire come un “amore malato” possa provocare tanti triboli. Attenzione ad avvicinarsi al fuoco verbale di Cameli: il cuore delle sue parole brucia proprio quando sembra ghiaccio.