Roma
Sondaggio choc, il Pd al 17%. Mafia Capitale, M5S boom col 30%
Sette giorni col fiato sospeso e poi ancora 45 giorni in apnea. A fine luglio, con metà della città a far valige per le vacanze e l'altra a sognarle dai terrazzi bollenti, si saprà se Ignazio Marino è sopravvissuto a Mafia Capitale 1 e 2, o se al Comune di Roma arriverà il Commissario.
Cinquanta giorni e rotti in cui il Pd resterà col fiato sospeso, perché un sondaggio riservatissimo consegna il Comune di Roma ai Cinque Stelle e relega il partito di Renzi al ruolo di comprimario: 30% secco agli "stellati", Lista Marchini al 20% e un modesto 17% al Pd. Infine, la sorpresa ma neanche tanto di un 8% Matteo Salvini. Tutte percentuali che nascerebbero all'interno del 49 % della base elettorale mentre il 51% non andrebbe alle urne, trasformando la Capitale una una città a democrazia limitata.
Il resto dei voti sono frattaglie in cui il gruppone di centrodestra di Forza Italia, Ncd e Fratelli d'Italia sono ridotti ai minimi termini, quasi comprimari in un'ipotetica campagna elettorale post- commissariamento che nessuno vorrebbe fare con le casse vuote.
Ricapitoliamo: il Pd sa bene che le eventuali dimissioni di Marino condannerebbero il partito all'opposizione; il commissariamento, si andrebbe a sovrapporre con l'inizio del processo per Mafia Capitale 1, facendo uscire altra melma che aggiungerebbe a quella già in circolazione. E poi l'ultimo spettro: una campagna elettorale da sostenere con scarsità di contributi e quindi tutta sulle spalle del partito.
Lo scenario apocalittico lo ha visto per primo il commissario Matteo Orfini, pochi minuti prima che iniziasse la riunione d'emergenza al Nazareno dalla quale è uscita l'unica soluzione percorribile: mantenere tutto in piede e tenere la linea dei "salvatori della patria", cucita come una camicia di forza intorno al sindaco e al presidente della Regione, definiti perciò "baluardi della legalità". E a metterci la faccia, con grande coraggio, è stato lo stesso Orfini il quale custodisce il piano di rilancio del partito romano che dovrebbe passare per l'azzeramento dei "signori e signorotti", se non compromessi, ma comunque sfiorati dalla doppia inchiesta.
Ecco allora il motivo delle dichiarazioni "fotocopia" dei "vari baluardi" e del pericolo di gestire il prossimo Giubileo con il commissario. Tutte balle che fanno parte della strategia di comunicazione del partito per sopravvivere a ste stesso e a Mafia Capitale.
In questo scenario, puzza di "sottopatto del Nazareno" anche la posizione di Forza Italia devastata dall'arresto di Luca Gramazio. Solo appelli languidi alla necessità di autoscioglimento del Consiglio ma nessuna dimissione. L'alibi che tiene Forza Italia come un partito tecnicamente morto, appeso al respiratore è quello che, in caso di dimissioni di qualche consigliere, si andrebbe avanti con i subentri dei non eletti. L'alibi tiene ancora per poco.
Se nessuno decide la palla sarà in mano al Prefetto Franco Gabrielli: sarà lui a decidere se mandare a casa un paio di generazioni di politici, oppure far sopravvivere il sistema.