Roma
Stadio As Roma a Tor di Valle: il pasticciaccio brutto di Raggi e associati
Andrea Catarci ripercorre le tappe dell'avventura M5S per lo stadio della As Roma a Tor di Valle. Tifosi e città con un pugno di mosche in mano
di Andrea Catarci *
Il fallimento della giunta Raggi sullo stadio della Roma a Tor di Valle è ormai certificato. Come un progetto è arrivato al capolinea: la storia.
Prima arriva la decisione del Campidoglio di rimandare una serie di opere pubbliche, cancellandole dal piano investimenti 2020. Tra di esse ci sono alcuni interventi accessori indispensabili per la realizzazione del Ponte dei Congressi, quello finanziato con 28 milioni di euro e necessario per la viabilità del quadrante di Tor di Valle e per lo stadio di calcio della Roma. Pochi giorni dopo si diffonde la notizia che la Corte dei Conti, indagando per possibili danni erariali, sullo stesso progetto ha acquisito con intervento forzoso un parere rilasciato dall’Avvocatura comunale nel febbraio 2017, tenuto nascosto dalla Sindaca e visionato solo da alcuni consiglieri, peraltro con forme inusuali: in esso si esprimevano una serie di dubbi sull’operazione urbanistica e si escludeva il rischio di penali per l’amministrazione in caso di stop.
I due fatti certificano il disastro definitivo combinato dalla giunta Raggi sulla questione urbanistica che più l’ha tenuta impegnata nei tre anni e mezzo abbondanti di s-governo della città. I consiglieri grillini, finora divisi tra favorevoli e contrari, sono attualmente orientati a far slittare alla prossima consiliatura la votazione in Assemblea capitolina prevista per il prossimo mese di marzo, replicando più o meno la medesima strategia adottata in tema di rifiuti: ci penserà chi verrà dopo, noi facciamo come gli struzzi e, a dispetto di tutte le parole, delle prese di posizione dispensate sull’argomento e del minimo senso di responsabilità dovuto alla collettività, infiliamo la testa sotto la sabbia per non vedere e non sentire.
La storia del disastro stadio in pillole
Dopo la rinuncia alle olimpiadi, la giunta Raggi si è concentrata sull’obiettivo legittimo di ridurre le volumetrie e, considerando sovradimensionato il progetto a cui nel dicembre 2014 l’ex giunta Marino aveva riconosciuto “il pubblico interesse”, ha dato indicazione alla cordata imprenditoriale di eliminare consistenti porzioni, in particolare le torri dell’archistar Daniel Libeskind. Come da normativa con il taglio delle cubature sono state proporzionalmente dimezzate anche le infrastrutture a carico dei proponenti, con il dettaglio assolutamente non trascurabile che intorno a esse ruotava sia la fattibilità generale che la dichiarazione di interesse pubblico collegata alla proposta. In tal modo si è imboccato il classico vicolo senza uscita, fino ad arrivare alla sonora bocciatura contenuta nella relazione commissionata al Politecnico di Torino per le lacune in tema di mobilità, accessibilità e sostenibilità. I vaghi impegni per rafforzare l’offerta di trasporti pubblici, il nuovo asse stradale derivante dall’unione della via del Mare e della via Ostiense e il ponte dei Congressi - peraltro finanziato con risorse pubbliche e attualmente rinviato a data imprecisata -, sono stati giudicati ampiamente insufficienti, in un quadro caratterizzato dal rischio di “un’estrema congestione” fin dalla fase di cantierizzazione. Sono stati definiti indispensabili ulteriori interventi sull’ambito ferroviario (linee Roma Lido e FL1), sui percorsi protetti ciclo-pedonali e sulla gestione della sosta con i sistemi di trasporto intelligente, ancora lontani dall’essere tradotti in realtà. Nello stesso periodo restavano inascoltati gli appelli dell’ex assessore Berdini a scegliere altre aree meglio servite in zona Tor Vergata e Romanina, proprio adducendo come motivazione principale il timore per la richiesta di risarcimento in danno che i privati minacciavano di avanzare: quella che il parere dell’Avvocatura, probabilmente per questo scomparso dalla discussione pubblica fino all’entrata in scena della Corte dei Conti, considerava infondata.
Lo stadio poi, aldilà dei giudizi di merito, si è incagliato nell’inchiesta giudiziaria riguardante le procedure adottate, che ha travolto tra gli altri il costruttore Luca Parnasi e l’avvocato di fiducia del M5S Luca Lanzalone.
Alcune considerazioni sintetiche sull’intera vicenda
Le considerazioni che possono essere fatte a questo punto della vicenda sono molte. L’area individuata all’origine non era sicuramente tra le più idonee e i fatti successivi lo hanno dimostrato, non solo per gli aspetti ambientali sottolineati a più riprese da associazioni e comitati ma anche per la scarsa funzionalità.
Il dimensionamento imponente della prima versione della trasformazione urbana garantiva un equilibrio con la necessità di “attrezzare” Tor di Valle che successivamente non è stato più trovato, registrando un clamoroso vuoto in tema di trasporti pubblici e collegamento con il resto del tessuto cittadino.
Il fallimento sullo stadio viene pagato due volte dalla città, come grave danno d’immagine e per il fatto che l’intero apparato amministrativo è stato utilizzato per lavorare a questa grande opera - in aggiunta a consulenze, "due diligences" e altro – trascurando il resto: l’urbanistica è diventata da oltre tre anni monotematica, al punto che l’Assessore comunale competente vanta oggi, come principale risultato ottenuto, la partecipazione a un bando che, forse, darà i suoi frutti a consiliatura finita.
La trasparenza che la giunta Raggi si era impegnata a portare nel progetto specifico e nell’amministrazione capitolina tutta si è tradotta, all’opposto, in pratiche oscure e segrete, nell’accondiscendenza verso interessi forti, nella consegna alla magistratura di ambiti che dovevano restare di titolarità della sfera politica.
Su tutto, infine, va sottolineata la spregiudicatezza e l’irresponsabilità della giunta Raggi, che ha nascosto dietro la propaganda il fatto di non aver mai avuto una linea chiara, che ha promesso operatività e rapidità lasciando tutti con un pugno di mosche, che ha giocato con la realtà urbanistica e, insieme, con i sentimenti di una città da sempre legata alla sua squadra. A conferma della convinzione diffusa che prima si chiude l’infelice parentesi dell’era Raggi e meglio è per Roma.
* Andrea Catarci, Movimento civico per Roma