Stadio Roma, chi dà il via libera vince le elezioni. Roma appesa a un ponte
Senza il via al cantiere, Pallotta pronto a dare l'addio
Un ponte e 100 milioni di euro. Lo stadio della Roma di Tor di Valle diventa uno psicodramma politico elettorale e ormai è chiaro: se James Pallotta non apre il cantiere, la Roma è in vendita.
Il silenzio del presidente e la delega totale affidata a Baldissoni per le trattative infinite con Virginia Raggi e Nicola Zingaretti la dicono lunga sulle intenzioni dell'As Roma. Per andare avanti nel progetto americano ci vuole lo stadio perché la prima squadra di Roma, lo show da 50 mila spettatori, ha un costo tale da non poter essere sostenuto senza la città giallorossa.
E mentre la Conferenza dei Servizi procede nel fumus delle carte, ecco che Tor Di Valle diventa una chiave decisiva per le prossime regionali. In sintesi: chi dà il via libera allo stadio rischia di vincere le elezioni e di scontentare la fronda dei costruttori anti, la fronda degli urbanisti “anti” e la fronda dei politici che non vorrebbero lasciare il pallone in mano a Nicola Zingaretti e Miche Civita, gli unici che potrebbero passare alla storia per essersi intestati il via libera all'infrastruttura. L'unica opera in una città indebitata fino all'osso del collo e paralizzata dall'assenza di ogni progettualità.
Ma tutto è appeso a un maledetto ponte: vitale per evitare l'autoimplosione domenicale del triangolo via Ostiense, Gra, autostrada di Fiumicino e cancellato dalla furia urbanistica del Movimento Cinque Stelle che ha cancellato le torri e reso il progetto difficile da sostenere economicamente.
In soldoni: bene far dimagrire il progetto; bene realizzare un ponte; male se Eurnova non chiama le banche e chiede di finanziare per almeno 30 milioni il ponte e male anche se la Regione non ci mette i 70 milioncini che mancano per portare a casa ponte, stadio, calcio e 10 mila posti di lavoro per almeno due-tre anni. Male anche se Zingaretti non capisce che su quel quadrante non è solo la lobby dei pallonari che accende gli appetiti ma a poca distanza dalle tribune cadenti dell'ex ippodromo c'è la partita del raddoppio di Fiumicino aeroporto. Anche lì appetiti, profumo di speculazione e possibile rilancio di una città.
Dunque: chi mette in fila ordinatamente e nel rispetto delle regole i progetti, riaccende la macchina dell'economia e apre una speranza per Roma, che parte dal raddoppio dell'aeroporto, finisce sul ponte che apre le porte dello stadio e si collega alla Nuvola.
Al massimo tutta questa energia finisce per sbattere contro il Campidoglio a Cinque Stelle che odia i bus turistici e pretende che gli stranieri arrivino a Roma e poi si affidino all'Atac per spostarsi in città e fare lo slalom tra i rifiuti. In alternativa c'è la funivia di Casalotti che rischia di diventare il simbolo della follia della politica.