Stadio Roma, in principio fu Dino Viola. La sua storia diventa libro cult
Dino Viola, La prigionia del sogno, è il volume di Manuel Fondato sullo storico presidente giallorosso
di Patrizio J. Macci
Lo stadio della Roma e Dino Viola, una vita dedicata al sogno della sua squadra, l’A. S. Roma. Un sogno che si è infranto solo davanti alla Coppa dei Campioni che non è riuscito a sollevare in una finale contro gli inglesi del Liverpool unica per lo spettacolo e la partecipazione della tifoseria il 30 maggio del 1984, giocata nella Capitale in una notte da scolpire negli annali della storia calcistica davanti a settantamila spettatori.
È la biografia del presidente Dino Viola raccontata con dovizia di particolari, dettagli inediti e aneddoti da Manuel Fondato in “Dino Viola – La prigionia del sogno” Ultra edizioni. L’autore ricostruisce in forma romanzata la figura dell’ingegner Dino Viola, uomo “tutto d’un pezzo come se fosse intagliato da un solo tronco”, avvalendosi di materiale inedito e dopo un lungo e meticoloso lavoro di ricerca tra le carte della famiglia. Durante gli undici anni e otto mesi della sua presidenza la squadra vince (oltre ad arrivare in finale di Coppa dei Campioni) uno scudetto nel campionato 1982-’83 e cinque Coppa Italia. Sono gli anni della Magica Roma, una ventata brasiliana avvolge le strade intorno al Colosseo con l’arrivo dei Brasiliani Paulo Roberto Falcao e Toninho Cerezo insieme a giocatori del calibro di Bruno Conti, Nela, Pruzzo e l’indimenticabile capitano Agostino Di Bartolomei.
Una vita in completo grigio
Viola è l’uomo del dialogo e delle emozioni trattenute, sempre in completo grigio con l’impermeabile e la sigaretta accesa, mai una reazione scomposta o un gestaccio: quando dalla curva sud dello stadio Olimpico i tifosi gettano arance in campo lui li ammonisce con il dito di smettere, loro obbediscono a quello che consideravano un padre che spendeva i suoi pomeriggi in Questura per far rilasciare i ragazzi più turbolenti. Nils Liedholm è lo stratega svedese che rivoluziona gli schemi di gioco, imponendo una ragnatela di schemi mai vista sui campi di calcio italiani.
Viola guarda lontano, dopo lo scudetto è il primo a pensare a uno stadio di proprietà della società. Vuole abbattere lo spazio fisico tra la tifoseria e i giocatori, realizzando una struttura dove la presenza delle persone non si esaurisca con la consumazione dell’evento-partita. Il calcio è avviato versa una profonda trasformazione, commerciale, muove sempre più più capitali e per fare soldi servono soldi, soprattutto per mantenere un monte ingaggi di calciatori e staff tecnico sempre più gravosi nei bilanci.
Lo stadio alla Magliana
Viola, che è diventato senatore nelle fila della Democrazia Cristiana a questo punto della sua vicenda umana, individua la zona dove potrebbe essere edificato (la Magliana) e comincia una trattativa diplomatica con il Campidoglio. Poi tutto naufraga in una bolla di sapone ma il seme è stato gettato.
Il primo presidente (al quale “ruberà” alcuni giocatori di peso e l’allenatore) con il quale Silvio Berlusconi dopo aver comprato il Milan si confida, è proprio l’Ingegnere. Un rapporto umano basato sul rispetto e la stima che l’autore sbozza durante una giornata funestata dalla morte di un tifoso. Il Presidente si spegne nel 1991 quando il calcio sta per subire l’ennesima rivoluzione, il pallone in televisione a tutte le ore è alle porte.
L'A. S. Roma aspetta ancora il suo stadio, forse non arriverà in tempi brevi, ma per i tifosi giallorossi il presidente rimane sempre uno solo: Dino Viola.