Roma
Stadio Roma, Marcello De Vito un mostro: no, vittima di Parnasi. È Cassazione
Per la Cassazione “De Vito e Mezzacapo non facevano parte del gruppo criminale guidato da Parnasi ma erano vittime del suo metodo corruttivo”
Stadio Roma, Marcello De Vito e Camillo Mezzacapo vittime delle metodo corruttivo di Luca Parnasi. Per la Cassazione non ci sono "dati indiziari" sufficientemente motivati dal gip e poi dal Riesame per sostenere che il presidente M5S dell'assemblea capitolina e l'avvocato facessero parte del "gruppo criminale" guidato dall'imprenditore e fossero vittime del suo "metodo corruttivo".
Per la sesta sezione penale della Cassazione, che l'11 luglio scorso ha disposto che il provvedimento cautelare per corruzione torni di nuovo al vaglio al vaglio del Riesame, contro De Vito e Mezzacapo (finiti in carcere il 20 marzo scorso e da luglio ai domiciliari) ci sono al momento "congetture" ed "enunciati contraddittori", tratti dalle dichiarazioni rese ai magistrati dallo stesso Parnasi all'indomani del suo arresto.
“Le dichiarazioni di Parnasi - spiegano in 31 pagine di motivazioni i giudici della Suprema Corte - si risolvono nelle seguenti proposizioni: il convincimento maturato dal dichiarante circa l'interesse di De Vito al conferimento di incarichi a Mezzacapo, peraltro frutto non di mere impressioni personalistiche, bensì dal dato oggettivo della presenza dello stesso Mezzacapo, non altrimenti giustificata, all'incontro di presentazione con De Vito; il riconosciuto intento di Parnasi, a seguito della pronta adesione ai desiderata del suo interlocutore mediante l'affidamento al legale dell'incarico di seguire una transazione tra Acea e la Ecogena, di accreditarsi presso il Movimento 5 Stelle, di cui De Vito era al tempo autorevole rappresentante, in linea con il 'modus operandi' dell'imprenditore”.
“Ne consegue - chiarisce ancora la Cassazione - che il valore confessorio dell'esistenza di un patto corruttivo, che a tali dichiarazioni è stato attribuito dai giudici capitolini, non rispecchia l'obiettivo tenore delle stesse, potendo pertanto riconnettersi solo ad una operazione interpretativa, che assegni loro una portata, per così dire, 'addomesticata' che non è stata tuttavia esplicitata, né può desumersi dagli ulteriori dati indiziari citati sopra”.
E ancora: "Il carattere sostanzialmente fittizio dei remunerati incarichi conferiti allo studio Mezzacapo, che indubbiamente rivestirebbe significativa valenza ai fini della dimostrazione del carattere illecito del rapporto presupposto tra Parnasi e De Vito, si basa su 'enunciati contraddittori'". E "nulla dice il provvedimento impugnato, quanto alle utilità, ancora una volta sotto forma di lucrosi incarichi professionali, rimasti tuttavia allo stadio di promesse, che il capo di incolpazione provvisoria colloca nell'ambito del più ampio corrispettivo stabilito con il 'pactum sceleris' intervenuto tra i protagonisti dell'ipotizzato accordo corruttivo".
La Cassazione poi definisce come "gravemente insufficiente sul piano della motivazione" la parte concernente il presunto atto contrario ai doveri d'ufficio che avrebbe compiuto De Vito quando da presidente dell'assemblea del 14 giugno 2017 espresse il voto favorevole all'approvazione del progetto di realizzazione dello stadio e alle connesse varianti del Prg. Per la Suprema Corte, la misura cautelare "tralascia di ricordare che la seduta del 14 giugno del 2017 interviene all'esito di un già apprezzabile iter procedurale scandito dopo la presentazione del progetto oltre tre anni prima, sotto la sindacatura Marino, e una prima dichiarazione di pubblico interesse dell'opera da parte della Giunta del tempo, da una convergente dichiarazione pubblica in tal senso dalla sindaca Raggi, pur con l'indicazione di una sensibile diminuzione della cubatura commerciale del progetto e della successiva adozione di una collimante delibera di Giunta cui avevano fatto seguito i pareri positivi delle Commissioni permanenti e del IX Municipio, interessato dall'esecuzione del progetto, prima della seduta".
Il tutto "in assenza di qualsivoglia indice probatorio di un inopinato mutamento di linea da parte della maggioranza consiliare e di un'attività da parte di De Vito, finalizzata a scongiurare siffatta (allo stato del tutto congetturale) ipotesi, ovvero ancora di modificare in senso più confacente agli interessi del privato il già palesato favore della maggioranza comunale del complessivo progetto".
Stadio Roma, De Vito: "Difendo mia onestà da colleghi senza scrupolo"
"Continuerò a difendere la mia innocenza, la mia reputazione e la mia onestà in ogni sede, sempre con la dignità che mi contraddistingue dagli altri miei colleghi, che senza scrupolo alcuno fanno comodi proclami senza dimostrare fiducia, garantismo e senza nemmeno il coraggio di autocritica", ha detto all'Agi De Vito commentando le motivazioni della Corte di Cassazione. Per il presidente dell'assemblea capitolina "la Suprema Corte ha pubblicato i motivi sulla base dei quali ha gravemente censurato l'assunto accusatorio del Tribunale di Roma, accogliendo così le censure difensive del mio avvocato (Angelo Di Lorenzo, ndr) e mettendo in discussione la legittimità del mio arresto, risultato basato su mere congetture, argomentazioni illogiche e 'addomesticate'".