Roma

Stefano Ricucci resta in carcere per fatture false. Lo ha deciso il Riesame

Secondo i giudici l'immobiliarista è “Incapace di fare impresa in modo lecito”

Resta in carcere Stefano Ricucci, l'imprenditore romano finito agli arresti lo scorso 20 luglio nell'ambito di una inchiesta della procura di Roma per emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e dichiarazione fraudolenta. La decisione è stata presa dai giudici del riesame, che hanno respinto la richiesta di scarcerazione avanzata dai legali dell'imprenditore.
L'indagine si inserisce in un più ampio contesto investigativo relativo al fallimento delle società del gruppo "Magiste", riconducibile all'immobiliarista Ricucci. Insieme a Ricucci, nella medesima inchiesta, sono coinvolte una decina di persone, tra le quali Mirko Coppola, raggiunto da ordinanza di custodia cautelare, e il giudice del Consiglio di Stato Nicola Russo, solamente indagato.
I giudici del riesame descrivono l'immobiliarista come “incapace di fare impresa in modo lineare, trasparente e prima di tutto lecito, non avendo esitato egli a rimettesti all'opera nell'unico modo che evidentemente conosce e che contempla quasi naturalmente il ricorso spregiudicato a schemi illeciti".
Nel motivare la decisione, gli stessi magistrati spiegano che, dati i precedenti dell'indagato che, tra l'altro, "riporta una condanna per occultamento o distruzione di documenti contabili", non è esclusa l'eventualità che, se rimesso in libertà o ristretto ai domiciliari, possa tornare a interferire con le indagini, anche "concordando versioni di comodo con gli altri protagonisti della vicenda, inducendo persone informate sui fatti a rendere dichiarazioni false o reticenti".
Nello stesso documento, i giudici ricostruiscono poi il passato di di Ricucci, "gravato" anche da precedenti per violazione della norme in materia di intermediazione finanziaria, ostacolo all'esercizio delle funzioni d vigilanza, appropriazione indebita, infedeltà patrimoniale, corruzione, emissione di fatture per operazioni inesistenti. Tutti reati per i quali ha patteggiato una pena di 4 anni. "E' dunque altamente probabile, se non certo che si ripresentino all'indagato occasioni prossime favorevoli alla reiterazione di delitti della stessa specie, che lo stesso torni a delinquere e che cerchi di influire sulla raccolta della prova, avendo egli dato prova di particolare pervicacia, determinazione criminosa, totale indifferenza alle conseguenze sanzionatorie delle proprie iniziative, non avendo esitato a replicare schemi illeciti a lui noti nonostante le condanne subite e nonostante la pendenza a suo carico per bancarotta fraudolenta". In particolare, per quanto riguarda la scelta di mantenere la misura degli arresti in carcere, i giudici affermano: "Si impone il mantenimento della misura di massimo rigore, non vedendosi quale affidamento si possa riporre sulle capacità e disponibilità dell'indagato di prestare osservanza alle prescrizioni correlate alla misura degli arresti domiciliari". Anche il braccialetto elettronico, si sottolinea nell'ordinanza, "è del tutto inidonea ad impedire che il Ricucci, anche avvalendosi di un semplice smartphone o un tablet, continui ad operare dal proprio domicilio, in particolare ripristinando i contatti con altri soggetti coinvolti nella vicenda illecita, dando loro disposizioni finalizzate alla distruzione/occultamento di documenti rilevanti, spostando capitali, nominando prestanome, lanciandosi in nuove speculazioni finanziarie".