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Roma
Storia di vero bullismo: “Basso e cicciottello, l'inferno si chiama scuola”

Ho da poco compiuto 18 anni, frequento l'ultimo anno del liceo e da sei mesi sono fidanzato con una bellissima ragazza, di un anno più piccola di me. Ho trovato il coraggio di mettermi al computer e scrivere la mia storia, dopo aver letto in questi giorni diversi articoli sul giornali che riguardano il fenomeno del bullismo.

 


Quando, all'età di 12 anni, sono stato anche io vittima di questo tipo di violenza, non sapevo si chiamasse così. Solo più tardi, diverso tempo dopo, ho preso coscienza che quello che stavo vivendo, più che altro subendo, era una vera e propria violenza a cui mi sarei dovuto ribellare con tutte le mie forze, raccontare e denunciare alle persone più vicine. Invece non lo feci, fino a quando rischiai di soccombere del tutto.
Tutto era nato per il mio aspetto fisico: fino ad un paio d'anni fa, sono sempre stato il più basso della classe e il più cicciotello. Un gruppetto di compagni di classe mi prese di mira e fu un vero incubo, un tunnel da cui pensavo non poter più riuscire ad uscire.

Gli anni delle medie sono stati terribili: se potessi li cancellerei dalla mia memoria. Invece sono sempre lì, a farmi paura. Anche ora che sono più grande e consapevole.
I primi episodi furono prese in giro, sberleffi, prima in sordina poi man mano più apertamente in pubblico. Mi soprannominarono il “nano ciccione”, e questo “nick” me lo portai appresso per un sacco di tempo. Tutti a scuola sapevano che ero il “nano ciccione”. Nessuno, tra gli adulti, ci fece caso più di tanto, alla fine sembrava quasi normale che qualcuno dovesse essere preso di mira. Ed era toccato a me.
Poi le cose si fecero man mano più pesanti: iniziarono a rubarmi il panino della merenda, poi le penne, i quaderni. Una volta mi rubarono addirittura il cellulare e io dovetti fingere con i miei genitori che me lo ero perso.
Andare a scuola per me era un vero supplizio: mi piaceva studiare ma questa situazione mi portò ad odiare anche lo studio. In seconda media fui bocciato e questo peggiorò ulteriormente la mia immagine. L'anno successivo, i miei ex compagni di classe, arrivarono ad aggredirmi fuori della scuola e a picchiarmi perché avevano pensato che io, ora più lontano da loro, avessi finalmente il coraggio di parlare.

Ovviamente non lo feci. Ma il mio carattere si era, nel frattempo, trasformato. Non ridevo più, non giocavo più, non amavo più la vita, e finalmente, mia madre capì che ero entrato in un tunnel buio da cui sarebbe stato impossibile uscire da solo. Messo alle strette per giorni interi (non mi mandarono nemmeno a scuola), alla fine “vomitai” nella disperazione tutto il dolore, il rancore, l'odio verso chi mi aveva fatto del male e pure verso chi non se n'era mai accorto. Mia madre e mio padre compresi. Non è stato facile uscire da quel dramma, c'è voluto tempo per riacquistare fiducia e stima in me stesso.

Per fortuna poi è venuta in soccorso anche madre natura che mi ha fatto crescere e cambiare anche fisicamente. Oggi vorrei dire a chi è costretto a subire di non farsi catapultare in quel vortice: ribellatevi subito, non accettate mai di essere calpestati. Nessuno è meglio di voi.

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