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Roma
"Sulle Unioni civili si può discutere". Fdi "apre" ma dice no alle adozioni

di Gabriella Sassone


Infuria la polemica sulle Unioni Civili e sul ddl Cirinnà, Affaritaliani.it ha chiesto all’avvocato Marco Valerio Verni, responsabile del Dipartimento Giustizia di Fratelli d’Italia per la Provincia di Roma, il suo punto di vista.  Il partito della Meloni si è schierato contro l’istituzione delle unioni omosessuali sin dal primo momento, ed in particolare da quando, a luglio scorso, il tema tornò in auge dopo la famosa sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che, a detta di molti, poteva costituire il punto di svolta in materia.
Avvocato Verni, che ne pensa dell’unione tra coppie omosessuali?
"Ritengo che il nostro Legislatore, prima di pensare ad introdurre nell’ordinamento interno, ed in particolare nel diritto di famiglia, istituti “nuovi”, dovrebbe innanzitutto assicurarsi che funzionino quelli già esistenti e facenti capo alla famiglia tradizionale.
Le faccio un esempio: si parla, in questi giorni, dell’opportunità o meno della c.d. stepchild adoption. Ebbene, perché prima non si pensa a far sì che sia veramente applicato, una volta per tutte, l’affido condiviso, che dovrebbe garantire al figlio minore di coppie separate il suo diritto a rimanere con entrambi i genitori dopo la fine della loro unione coniugale?".
Ma c’è una sentenza della Corte Europea che ha condannato l’Italia ad introdurre il matrimonio tra omosessuali.
"Sgombriamo subito il campo da ogni equivoco: la Corte Europea, nella sentenza in questione, ha certamente evidenziato la necessità che l'Italia aggiorni la propria normativa in tema di unioni alle nuove realtà sociali che reclamano sempre più una loro legittimazione, ma non ha indicato nè il matrimonio come forma obbligatoria in tal senso nè, di conseguenza, obbligato il nostro Paese a “legittimare” quello (matrimonio) omosessuale.
Scusi se continuo il paragone, ma, piuttosto, è proprio sull’affido condiviso, che la Corte Europea ha in diverse occasioni richiamato il nostro Paese ad una sua più corretta e puntuale applicazione".
Per legittimare l’unione tra omosessuali e la possibilità, per loro, di adottare dei bambini, c’è chi sostiene che la famiglia eterosessuale sia piena di problemi e che non abbia, tra i suoi testimonial, personaggi che abbiano brillato per fulgidezza. Mi riferisco a Berlusconi, a Casini, e via dicendo..
"Se la famiglia tradizionale è in crisi non vuol dire che si debbano, in automatico, legittimare altre forme di "convivenza" lontane dalla nostra cultura e, per certi versi, dal diritto naturale. Piuttosto, continuo a ripetere che bisognerebbe rafforzare la tutela della prima, e non disperdere energie per istituti che oggettivamente sono “contro natura“: fino a prova contraria, un bambino è generato da un uomo e da una donna, ed è da essi che dovrebbe essere accudito e cresciuto. Sull’unione tra omosessuali in sé (quindi, escludendo l’adozione di minori), se ne può forse discutere, anche se non ne vedo l’urgenza, in un momento storico in cui il Governo dovrebbe pensare ad altro di più stringente. Ma si sa: questi temi servono a sviare l’attenzione da altri argomenti più scottanti".
Sulle coppie di fatto?
"Anche qui, dovremmo intenderci: se parliamo di coppie di fatto omosessuali, torniamo a quanto detto. Se ci riferiamo, invece, a quelle eterosessuali, potrei sollevare anche qui l’eccezione secondo cui, se due persone si vogliono bene e credono fermamente di vivere insieme per sempre, possono sposarsi e, se la cosa non va, interrompere il loro rapporto in maniera molto più breve rispetto al passato, grazie alla recente riforma su separazione e divorzio. Se si reclamano (giustamente) dei diritti lo Stato offre già la soluzione, che però prevede anche dei doveri. Non vedo perché creare delle situazioni ibride, dove la responsabilità di un “rapporto per la vita”, magari con figli, rischierebbe di perdere gran parte della sua importanza e “sacralità”.
Torniamo all’affido condiviso: effettivamente, il tipico istituto che ben evidenzia quanto diceva prima, avvocato, ossia che alcuni strumenti riguardanti l’ordinarietà della nostra realtà sociale ancora non funzionano come dovrebbero.
"L’affido condiviso è previsto dalla legge, nel nostro Paese, dal 2006: solo oggi vi sono delle aperture della giurisprudenza al riguardo, ma questo non può bastare, dal momento che, a dieci anni dalla sua entrata in vigore, tale istituto doveva già essere, ormai, a pieno regime. Invece, si incontrano ancora molte resistenze culturali, al riguardo, a danno di molti bambini che, nella sostanza, nella disgrazia di vivere la separazione dei loro genitori, diventano spesso orfani di uno di ess"i.
E’ una pesante accusa, la sua. Eppure le statistiche sembrano affermare il contrario..
"Le statistiche - è vero -  affermano che nella stragrande maggioranza dei casi, nelle separazioni con minori, questi ultimi vengono affidati ai genitori in maniera condivisa. Ma è una finzione, perché non può dirsi condiviso un figlio che risiede, nell’arco di un mese, 22/24 giorni con un genitore, e 6/8 giorni con l’altro, nelle ipotesi più comuni. Mi spiega lei come fa, ad esempio, un padre (o una madre), a risultare efficace, ed a contribuire fattivamente all’educazione di un figlio, vedendolo un pomeriggio alla settimana e a week-end alternati? Siamo un Paese che ragiona ancora secondo alcuni stereotipi appartenenti al medioevo culturale e giuridico, in senso metaforico, e che non si limitano certo al solo affido condiviso, che abbiamo portato qui come esempio. Ed allora, tornando da dove eravamo partiti, continuo a ribadire che, prima di pensare a “correre”, valutando l’introduzione nel nostro ordinamento di istituti culturalmente lontani dal nostro modo di sentire, e per certi aspetti, dallo stesso “diritto naturale”, dovremmo prima imparare a “camminare” bene, rafforzando, migliorando e garantendo la corretta applicazione degli istituti posti a tutela della famiglia naturale".

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