Roma
Tamponi in casa, la rivolta dei medici: "La Sanità territoriale è impazzita"
Coronavirus, lo sfogo e i numeri di Cristina Patrizi: “Accordi fasulli con la Regione, nel Lazio 4500 medici di base sono abbandonati a sé stessi”
Tamponi negli studi medici: l'idea del commissario Arcuri e dell'assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D'amato, fa esplodere la rivolta dei 4500 medici di base di Roma e del Lazio: “Nel Lazio non è stato raggiunto nessuno accordo. Solo un’autoreferenziale iniziativa che può mettere a rischio medici, pazienti, abitazioni di privati cittadini”. Lo denuncia il Sindacato dei medici Smi.
Quello dei medici di base “non allineati” è uno sfogo durissimo affidato a Cristina Patrizi: “ Nel Lazio sono circa 4500 medici di famiglia, con uno studio proprio, generalmente in affitto da soli o con altri colleghi con i quali condividono l’ attività garantendo già da anni 9 ore di disponibilità in una sede unica. Leggiamo dichiarazioni del Commissario straordinario Arcuri che afferma : “I medici di base devono poter effettuare i test nelle case e curare il più possibile i malati, visto che ormai i protocolli sono standardizzati”. E ancora, nel Lazio: l’assessore D'Amato parla di “accordi raggiunti sui tamponi negli studi”. Parlare di effettuare i tamponi negli studi dei Medici di famiglia è da irresponsabili. Lo abbiamo già dichiarato e lo ripetiamo: gravi profili di sicurezza rendono impraticabile questa strada ( norme igienico sanitarie autorizzative stringenti in caso di diagnostica ad alto rischio infettivo in civili abitazioni)”.
Per quanto riguarda il tanto sbandierato accordo con la Regione, “Nel Lazio non è stato raggiunto nessuno accordo. Solo un’autoreferenziale iniziativa che può mettere a rischio medici, pazienti, abitazioni di privati cittadini. Il tutto mentre la medicina generale con i suoi 4500 circa medici di famiglia del Lazio è abbandonata, con le migliaia di cittadini in carico ai medici di famiglia, nella casba costituita da una rete territoriale mai costruita e mai implementata”.
Tra le malattie croniche della medicina di base romana c'è la clamorosa assenza di un collegamento digitale diretto con la Regione Lazio: “I medici non sono in rete con la Regione Lazio, non sono in rete con gli ospedali, né con la specialistica ambulatoriale. Ognuno lavora da solo. Eppure il grandissimo ed unico lavoro sul territorio costituito dalle campagne vaccinali trovano riscontro nel grande impegno della medicina generale, in corso proprio in questi giorni”.
Quanto lavora un medico di base
E' sempre il Sim a dare i numeri: “La media settimanale di attività settimanale tarata sugli ultimi 20 giorni di ottobre 2020 e su un campione di 24 medici di medicina generale di Roma e del Lazio, per un bacino di popolazione di circa 30.000 persone con una media di pazienti in carico pari a circa 1200 assistiti per medico, per un carico di lavoro da 60 a 70 ore a settimana; in particolare:
337 telefonate /settimanali ( tra cellulari e telefono fisso)
28 telefonate /sabato e domenica e festivi
194 wps -sms/ settimanali
50 wps /fine settimana
106 mail / settimanali
175 accessi medi / settimanali agli studi dei MMG
6-8 domiciliari /settimanali
25 segnalazioni SISP sospetti COVID -COVID/MMG/settimanali
51 tamponi prescritti / settimanali /MMG
Tempo medio di risposta dei tamponi (4-5 GG)”.
Governo e Regioni al lavoro
Scrivono ancora i medici: “Cosa abbiamo avuto, di contro , da Governo e Regioni?
• 38 DPCM e DL
• 253 Comunicati stampa del Ministro della Sanità
• 62 Ordinanze regionali solo nella Regione Lazio
• Ordinanze Protezione Civile
• Ordinanze Commissario per l’ Emergenza
Le denunce
Cosa abbiamo denunciato in questi mesi:
• Decine di denunce ed esposti alle Procure della Repubblica per inadempienza delle Regioni/ASL nel predisporre e distribuire DPI ai medici del SSN.
• Gli ambulatori ASL del SSN hanno chiuso le accettazioni a viste specialistiche che non abbiano urgenza B oppure U.
• Rigoroso triage in entrata con personale dedicato e vigilanza in tutti i presidi ASL.
• Impossibile effettuare sul territorio un RX od una ecografia se un soggetto è febbrile.
• Rigorosa distinzione dei percorsi in entrata ed uscita da tutti i presidi ASL.
• Chiusura delle strutture con sanificazione immediata in caso di accesso di un soggetto positivo in tutti i presidi ASL.
Dai MMG si è preteso ed ottenuto reperibilità tutta la giornata e risposte laddove nessuno dava riscontri.
• Nessun ristoro economico per le migliaia di euro spesi in protezione individuale e dei nostri assistiti.
• Nessuna ufficializzazione di analoghe modalità di ricevimento per gli assistiti (triage, appuntamenti etc.) dei MMG;
• Nel Lazio, addirittura , ogni modalità per videochiamare i pazienti è a carico del MMG;
• Nessuna copertura assicurativa (che non sia l’ ENPAM con i suoi ritardi e complessità) in caso di chiusura studio per positività.
• Nessun indennizzo alle famiglie in caso di decesso per contratto COVD in servizio (INAIL)
• Controlli ambulatoriali, in telemedicina e anche al domicilio ( in spregio ad ogni regola basilare di sicurezza per il medico di famiglia) su appuntamento.
• Segnalazioni sospetti covid e relative certificazioni.
• Monitoraggio sospetti covid e relative certificazioni.
• Diagnosi e cura dei pazienti covid e sospetti COVID al domicilio nell’ assenza di LG univoche e nazionali.
• Monitoraggio quotidiano dei pazienti covid positivi.
• Abituale prosecuzione cura per i pazienti cronici ed oncologici
La conclusione descrive un sistema impazzito: “Se qualcuno ancora pensa che oltre ad aver lasciato sul campo più di un terzo dei 170 medici morti, la medicina generale possa subire ulteriori “assalti” da parte dei Decisori politici regionali e/o nazionali, con la compiacente accondiscendenza di quelle organizzazioni che pure la dovrebbero rappresentare, ebbene, pensate a cosa accadrebbe se quei numeri che qui vi abbiamo rappresentato, dovessero ricadere sulla insostenibile trasparenza di una rete assistenziale colpevolmente mai strutturata, I numeri della medicina generale sembrano leggeri perché non transitano con luci rosse e le divise a strisce dell’emergenza, ma affogano nei nostri studi nelle abitazioni che noi mettiamo a disposizione, pesano come macigni sulle spalle dei nostri collaboratori che, affranti ci supportano (a nostre spese) e sulle ore di lavoro infinite sottratte all’ormai inesistente tempo libero e strappate alle nostre giornate di malattia prive di qualsiasi tempestiva tutela”.