Roma
Tamponi, No dei medici di base ai test negli studi. È guerra con la Regione
I sindacati chiedono un incontro a Zingaretti e D'Amato ma vengono ignorati. La rabbia dello Snami: “Medici pronti a fare tamponi, ma non a queste condizioni”
Tamponi dai medici di base, esplode la guerra tra i camici bianchi e la Regione Lazio. Zingaretti e D'Amato annunciano il via ai test negli studi medici, i medici non ci stanno e si oppongono: troppi i dubbi, con i sindacati che chiedono chiarimenti e spazi ad hoc ma vengono completamente ignorati dal governatore e dall'assessore.
Portabandiera della protesta sono i sindacati Snami e Smi del Lazio, che mercoledì hanno inviato una lettera al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, all'assessore alla Sanità Alessio D’Amato, al direttore regionale Salute e Integrazione Sociosanitaria Renato Botti e alla dirigente dell'area Promozione Salute e Prevenzione Alessandra Barca in cui chiedevano la “urgente convocazione di un tavolo istituzionale di confronto della Medicina Generale, ex art. 24 ACN vigente, per concertare diverse modalità operative e rettifica bando di adesione volontaria sui tamponi negli studi dei medici di base”. Un tavolo richiesto entro e non oltre il 15 ottobre, data in cui scadeva il bando di adesione, ma alla cui richiesta la Regione Lazio non ha neanche risposto.
“Vorrei manifestare il malessere che sta vivendo la categoria dei Medici di Medicina generale in questo periodo della pandemia da COVID-19 – spiega Giuseppe Di Donna, presidente dello Snami Lazio –. La nostra difficoltà ad operare al meglio in questo periodo deriva da alcuni fattori: essere stati lasciati soli, con strumenti inadeguati (DPI) per visitare i nostri pazienti in sicurezza ed evitare di poter essere possibili 'untori' nelle nostre famiglie, per i nostri collaboratori ma ancora di più per i nostri pazienti. I rischi che, senza appositi dispositivi ed un idoneo supporto da parte di personale infermieristico, la richiesta di effettuare i Tamponi rapidi nei nostri studi risulta praticamente impossibile. Noi, come sigla sindacale della Medicina generale, proponiamo di contribuire a tale modalità che può ridurre gli accessi ai pronto soccorsi, ma ciò deve essere regolamentato con idonea tutela degli operatori tutti, ed al di fuori degli Studi Medici che non possono rispettare la normativa sulla sicurezza, nella maggior parte dei casi, per questa particolare attività. Come mai sul territorio vengono eseguiti nei Drive-in, sotto tendoni, e non nelle strutture ospedaliere o ambulatoriali, ed invece qualcuno ha ritenuto idonei i nostri studi? I colleghi che hanno aderito si troveranno solo successivamente a conoscenza delle normative che dovranno seguire e questo non va bene. Quali saranno i compensi? Cosa succederà se un paziente è positivo? La Regione deve rispondere alle nostre domande”.
Il sindacato nella lettera in cui richiedeva un incontro alla Regione ha inserito cinque soluzioni agli studi medici: locali aziendali o altre sedi appositamente individuate dalle Asl; ambulatori di cure primarie; tende o tendostrutture; locali e spazi individuati dai Municipi; caserme.
“Siamo per il sì ad effettuare i tamponi, da parte dei medici di medicina generale che danno la propria disponibilità, no però negli studi medici ma in strutture messe a disposizione dalle Asl o dai Comuni, con il supporto organizzativo della Protezione Civile, in appositi locali o tensostrutture appositamente allestite in sedi da individuare congiuntamente con la Asl territoriale. Noi vogliamo la tutela dei nostri medici, dei nostri collaboratori e dei nostri pazienti”.