Roma

Termovalorizzatore, Roma come Brescia e Acerra: ecco cosa è successo nel Pd

di Donato Robilotta

Riduzione della produzione, aumento della differenziata, impianti di comunità sono le promesse della campagna elettorale

Il sindaco di Roma Capitale, Roberto Gualtieri, apre il consiglio comunale straordinario sui rifiuti e, spiazzando l’opposizione ma anche parte dei suoi, annuncia che l’amministrazione costruirà un termovalorizzatore pubblico dalla capacità di lavorazione di 600 mila tonnellate all’anno di rifiuti, cosa che dovrebbe consentire di chiudere il TMB di Rocca Cencia.

Un impianto che dovrebbe bruciare anche il tal quale, come quello di Brescia, e con le dimensioni di quello di Acerra, per intenderci quasi il doppio di quello di S. Vittore. Un TMV che brucerà rifiuti e produrrà energia elettrica e calore, diversamente da quello di Acea. Vicino all’impianto una discarica di servizio da 60 mila tonnellate.

Nell'area Ama di Santa Palomba investimento da 700 mln

Un impianto dal valore di circa 700 milioni di euro che potrebbe essere costruito a Santa Palomba, località ai confini di Roma con Pomezia, dove c’è un’area da tempo opzionata da Ama per la costruzione del TMB. Una notizia bomba, che cambia radicalmente tutte le cose dette da Gualtieri in campagna elettorale e scritte nel programma della sua coalizione e soprattutto che cozza con il piano rifiuti regionale di Zingaretti e Valeriani, che esclude nuovi termovalorizzatori nel Lazio oltre quello di San Vittore.

In tutta la campagna elettorale Gualtieri aveva sempre fatto riferimento al piano rifiuti di Zingaretti e affermato che a Roma, diminuendo la produzione dei rifiuti e aumentando la raccolta differenziata, non ci sarebbe stato bisogno di un nuovo termovalorizzatore. Nel caso sarebbe bastato quello di Acea di S. Vittore con la costruzione della quarta linea.

A nulla solo valse non dico le mie osservazioni ma soprattutto quelle di Calenda per spiegargli che la quarta linea, oggi in fase di autorizzazione, sarebbe servita come linea di servizio per il revamping dell’impianto e quindi non avrebbe aumenta la quantità di rifiuti che l’impianto può lavorare, pari al massimo a 400 mila tonnellate l’anno di rifiuti.

Le promesse della campagna elettorale e la realtà

Può darsi che Gualtieri sia stato folgorato sulla via di Damasco, come dice qualcuno, ma può anche darsi che a cinque mesi dal suo insediamento si sia reso conto che quella della riduzione della produzione dei rifiuti, dell’aumento della differenziata, degli impianti di comunità sono belle parole da raccontare specialmente in campagna elettorale ma non risolvono la questione della chiusura del ciclo dei rifiuti.

Può essere che Gualtieri abbia capito, quello che alcuni di noi dicono da anni, che senza termovalorizzatore l’emergenza sarebbe diventata strutturale e lui avrebbe fallito come Marino e la Raggi.

Dunque bene Gualtieri, ora però bisogna che alle parole faccia seguire atti concreti perché il Pd di Roma e del Lazio in questi anni ha assunto un atteggiamento molto ideologico sulla questione rifiuti, un approccio demagogico più degli stessi grillini.

Subito dopo Gualtieri è intervenuta l’assessora ai rifiuti, Sabrina Alfonsi, che ha detto chiaramente che il piano regionale rifiuti è un libro di sogni. Ha dato la colpa alla Raggi di aver dato numeri sballati sulla raccolta differenziata, ma il messaggio inviato alla pisana è chiaro, il piano regionale è fuffa e va riscritto subito.

Ricordo a me stesso che l’obiettivo di arrivare al 70% della raccolta differenziata, oltre quanto previsto dalla legge, è stato dato dalla Regione Lazio con la delibera 199 del 2016 sul fabbisogno, così come la teoria dei rifiuti zero è stata più volte enunciata in consiglio dall’assessore regionale ai rifiuti. D’altra parte che il piano regionale andasse riscritto lo ha più volte detto anche il Ministero dell’ambiente, durante i tavoli di confronto con Zingaretti e la Raggi.

Dunque una decisione importante per Roma che sconfessa quanto fatto dall’amministrazione Zingaretti in questi dieci anni di governo, tanto che la dichiarazione del Presidente della Regione, arrivata a tarda sera, può essere rubricata tra quelle del buon viso e cattivo gioco, mentre quella dell’assessore Valeriani, di consenso a quanto detto da Gualtieri senza mai citare la parola termovalorizzatore, è parsa quanto meno fuori luogo e appartenere alla categoria delle “facce di bronzo”.

Vedremo quello che avverrà nel Pd e nella maggioranza che governa la Regione, anche perché i primi distinguo sono arrivati subito. Miccoli, una volta legato a Zingaretti, ha dichiarato che nel programma elettorale c’è scritto no al termovalorizzatore e l’assessora regionale dei 5 stelle, Lombardi, ha detto che il piano regionale dei rifiuti non consente la costruzione di un nuovo termovalorizzatore.

Quando Zingaretti si è insediato nel 2013 il piano regionale rifiuti prevedeva 4 impianti di termovalorizzazione: due in funzione, quelli di S. Vittore e Colleferro, quello di Malagrotta, in costruzione, e quello di Albano, autorizzato e da costruire.

Ad oggi ce n’è solo uno, quello di Acea a S. Vittore. Zingaretti prima ha cancellato dal piano quello di Albano, poi insieme al suo assessore Valeriani ha chiuso il termovalorizzatore di Colleferro, di proprietà della Regione e di Ama, per compiacere la protesta del sindaco Sanna, che oggi è il vice di Gualtieri in Città Metropolitana, e poi ha cancellato dal piano quello di Malagrotta. Che oggi è terminato e potrebbe entrare in funzione e produrre idrogeno.

Il decreto sblocca impianti di Renzi e poi il dpcm del 2016 di Gentiloni prevedevano per il Lazio quattro impianti di TMV per un fabbisogno di oltre novecentomila tonnellate di rifiuti all’anno. Oggi arriva Gualtieri a proporre un impianto da 600 mila tonnellate. Come si vede i numeri sono sempre quelli. Il paradosso è che gli impianti c’erano ma sono stati chiusi per una decisione ideologica ed oggi la realtà si impone sulle chiacchiere, ma bisogna iniziare da zero.

Chi paga per questo grande danno economico?

Spiace che il centro desta in campidoglio si sia fatto prendere in contropiede e non sia andato a vedere le carte di Gualtieri, dicendo sì al TMV, incalzandolo sui tempi e sulla necessità urgente di stracciare il piano regionale e riscriverne un altro, invece che arrampicarsi sugli specchi.

Infine è evidente che questa vicenda sui rifiuti va inquadrata all’interno di uno scontro dentro il Pd tra il gruppo che sostiene Gualtieri e quello che ha sostenuto e sostiene Zingaretti, competizione-scontro iniziata già all’indomani della decisione di Gualtieri di candidarsi alle primarie del centro sinistra per arrivare in Campidoglio.

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