Roma
“Ti voglio bene si può ancora dire?”: la verità negli incontri a San Giovanni
Cinque serate con Franco Nembrini a San Giovanni in Laterano: l’insegnante ed educatore presenterà il “Miguel Manara” di Milosz
“Si può ancora dire ti voglio bene?” è il tema dell’iniziativa che si svolgerà nei mercoledì di Quaresima nella basilica lateranense. Ben cinque serate con Franco Nembrini a San Giovanni in Laterano: l’insegnante ed educatore presenterà il “Miguel Manara” di Milosz. Le conclusioni saranno affidate al cardinale vicario Angelo De Donatis.
Siviglia, anno 1656. Don Miguel Manara è un giovane nobile spagnolo, noto in tutta la città per essere un grande seduttore. Ma è profondamento insoddisfatto. Incontrando una giovane donna scopre cosa gli manca davvero: una sposa. Per Miguel inizia così una nuova vita, ma poco dopo le nozze sua moglie Girolama muore. L’esperienza del dolore costringe ancora una volta il giovane a guardare in fondo al suo cuore: deciderà di farsi frate e morirà in odore di santità. La storia del nobile spagnolo è stata ripresa dal drammaturgo lituano Oscar Vadislas de Lubicz Milosz nel 1912, ed è ispirata alla vita di un religioso spagnolo realmente esistito e vissuto nel Seicento. La presenterà ai fedeli della diocesi di Roma Franco Nembrini – che al testo di Milosz ha dedicato anche un libro edito da Centocanti – in cinque incontri, in programma nella basilica di San Giovanni in Laterano nei mercoledì di Quaresima.
“Si può ancora dire ti voglio bene?” è il titolo dell’iniziativa, il cui primo appuntamento è previsto per il 4 marzo; poi ancora l’11, il 18, il 25 e il 1 aprile, sempre alle ore 19. Nelle cinque serate, oltre a Nembrini, sarà presente l’attore Gabriele Granito, che leggerà alcuni passaggi del libro; le conclusioni saranno invece affidate al cardinale vicario Angelo De Donatis. Il 4 marzo i musicisti del Bragù Project – Raul Balardin e Guillem Ubach –suoneranno tre pezzi con chitarre e voci.
“Neanche a farlo apposta la vicenda è ambientata proprio nel periodo quaresimale – riflette Nembrini –, comincia con la grande confessione che possiamo identificare liturgicamente con la celebrazione delle ceneri e propone un cammino di conversione, cioè di riappropriazione dell’umano che culmina con la gloria della Resurrezione, ovvero con il miracolo della guarigione del paralitico”.
Insegnante di italiano, tra i fondatori della scuola “La Traccia” di Calcinate (Bg), Nembrini è stato presidente della Federazione opere educative della Compagnia delle Opere e membro della Consulta nazionale di pastorale scolastica della Cei; dal 2018 è membro del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita. “A me questo libro è stato messo in mano quando, all’età di 17 anni, ho incontrato don Luigi Giussani e ho ritrovato la fede – racconta –. È stato il libro della mia vita, mi ha accompagnato nel definirsi della mia vocazione, ha risposto alle mie domande più profonde e più vere circa la natura dell’amore, il significato del matrimonio, il valore dell’amicizia, il mistero del dolore. Per la sua semplicità e la sua radicalità si presta in modo clamoroso a interpretare la domanda di senso di un’intera generazione e la possibilità di una risposta positiva alla domanda se la vita sia un bene e se sia ancora possibile amare”.
“Certo dover dare testimonianza di un percorso così impegnativo, in una sede così autorevole e di fronte all’attesa di tanti giovani è davvero impresa da far 'tremar le vene e i polsi' – confessa Nembrini –, ma confido che a parlare al loro cuore sarà il testo stesso con la sua impressionante capacità evocativa”.