Roma

Torri dell'Eur, stangata del Tar: Alfiere non deve pagare 24mln al Campidoglio

Al Comune di Roma non spetta il contributo straordinario per le Torri dell'Eur, lo ha stabilito il Tar

Il Tar del Lazio ha accolto la richiesta della società Alfiere, joint venture 50% Tim e 50% Cassa Depositi e Prestiti: al Campidoglio non spettano i 24 milioni di euro richiesti come contributo straordinario e sfumati dopo il cambio di progetto per l'ex sede del ministero delle Finanze.

 

L'ex assessore all'Urbanistica Paolo Berdini, prima degli scontro con la giunta Raggi, aveva più volte rivendicato per il Comune di Roma questa cifra, nonostante fosse legata al vecchio progetto urbanistico: non quello di recupero degli scheletri delle Torri dell'Eur, subentrato più tardi, ma la scelta di abbattere i grattacieli per costruire appartamenti di lusso progettati da Renzo Piano.
Progetto sfumato nel 2015, tanto che il permesso a costruire non è mai stato ritirato. Quando sono subentrate la joint venture Alfiere e di conseguenza Tim, che avrebbe fatto delle Torri di Ligini la sua nuova sede operativa, i piani per la zona sono cambiati radicalmente. Una trasformazione urbanistica comunque mai iniziata, proprio a causa dello stesso assessore Berdini e del M5S capitanato da Raggi, che a luglio 2016 ha ritirato il permesso rilasciato dalla giunta Marino. Tim si è allora staccata dal progetto, rinunciando ai piani per le Torri dell'Eur, abbandonate un'ultima volta.

I 24 milioni che spariscono dal futuro del Campidoglio erano così ripartiti: un milione per le opere di sistemazione dell’area e 23mila euro di oneri di costruzione. Ma non è Alfiere a doverli versare al Comune, che rischia al contrario di dover lui stesso 328 milioni di risarcimento ad Alfiere per i lavori sospesi e l’abbandono di Tim.

“Purtroppo è andato tutto come previsto: debiti per il pubblico e profitti per il privato, tutto con la giunta Raggi complice”, ha commentato su Facebook l'assessore all'urbanistica dell'era Marino, Giovanni Caudo.
“Al di là della vicenda giudiziaria pesano i 300 milioni di investimenti che mancano alla città, un quartiere lasciato nel degrado, un paesaggio che ormai neanche a Beirut, l'albergo del Centro congressi con vista sulle Torri scorticate che non si riesce a vendere – ribadisce Caudo, che più volte in questi anni è tornato sull'argomento, sottolineando come la giunta Raggi stesse compiendo errori imperdonabili - Che succede a Roma? Perché può accadere che:
- il Comune prima rilasci il permesso di costruire (dicembre 2015) per riqualificare le torri e farle tornare uffici (invece delle case con progetto di Renzo Piano);
- lo stesso ufficio dopo sei mesi (luglio 2016) ritiri il permesso in autotutela perché scopre (c'è anche una indagine della finanza) che forse dovrebbe avere 24 milioni di euro dalla proprietà;
- che il sindaco taccia e non senta il dovere di prendere parola per fare in modo che non si perda l'investimento e si assicuri che Telecom mantenga l'investimento;
- che l'assessore all'urbanistica di allora dia la colpa del fermo dei lavori al suo predecessore (dichiarazione del 20 novembre 2016);
- che nel frattempo Telecom si sciolga dagli obblighi di trasferire lì il suo quartier generale e questo risparmio privato (circa 120 milioni di euro) che però è un danno per la città, si trasformi in un vantaggio economico diretto per il management della società stessa;
- che per i comportamenti contraddittori dell'amministrazione comunale ora questa rischia di dover far fronte a ingenti richieste di danni da parte del privato”.