Roma

Tredici delitti in 10 anni. Ecco Roma, capitale degli omicidi senza giustizia

Dalla scomparsa del magistrato Paolo Adinolfi, all’enigma di Duilio Saggia Civitelli, nel libro di Fabrizio Peronaci. I delitti di Roma senza colpevoli

di Patrizio J. Macci

Tredici casi di nera accaduti nella Capitale nell’arco temporale che va dal 1990 al 2000: Fabrizio Peronaci giornalista d’inchiesta del Corriere della Sera torna sul luogo del delitto letterario con “Morte di un detective a Ostiense e altri delitti” (edizioni Typimedia).

Con il piglio del giornalista antica maniera (analogico) l’autore estrae dall’armadio della cronaca nera omicidi irrisolti ripercorrendo le indagini dell’epoca, raccontando i personaggi e metodi di investigazione che, anche se lontani solo un ventennio, letti con gli occhi e i metodi attuali sembrano usciti dai racconti di Sherlock Holmes.Peronaci pesca tra casi freddi ormai archiviati che giacciono tra gli scaffali polverosi, per i quali è stato fatto tutto il possibile con gli immancabili errori, sviste, prove che non sono potute entrare nelle inchieste. Gli omicidi diventano il pretesto per sbozzare il ritratto di una città cupa, madre matrigna pronta ad attivare i suoi anticorpi contro “sbirri e giornalisti”.

Si va dalla scomparsa del magistrato Paolo Adinolfi, caso unico di “lupara bianca” nel cuore della capitale, all’enigma di Duilio Saggia Civitelli, il detective freddato in maniera cinematografica al binario 10 della stazione Ostiense; dalla tragica fine di “Francescone” Anniballi, il caratterista che recitò con Vittorio Gassman e Nino Manfredi, inspiegabilmente censurata o quasi dai media, ai classici gialli a sfondo economico e/o passionale della commercialista Antonella Di Veroli e della parrucchiera Giusi Nicoloso, fino a crimini da film horror, come l’esecuzione dell’assicuratrice sulla Cassia.

Dopo una minuziosa rilettura delle carte la maggior parte dei delitti potrebbero essere oggetto di nuove indagini, non solo per l’arrivo di strumenti più sofisticati ma per la capacità che ha avuto chi scrive di cucire con le parole tessere spaiate, frammenti apparentemente insignificanti. L’uso delle fonti dirette da parte del cronista a distanza di anni è un indubbio punto di vantaggio, il ragionamento si srotola per fili che sono stati cari a Leonardo Sciascia nei suoi capolavori. Sono appunto correlazioni quelle di cui il giornalista va in cerca. La sua scrittura mira ad individuare di volta in volta “l’ordine delle somiglianze”, dare un senso alle coincidenze con il solo scopo finale di restituire pace ai familiari di morti che altrimenti continuano a rimanere sepolti vivi perché senza giustizia.