Tribunale Riesame, revocata la chiusura di 2 mesi. Azzolini fa dietrofront
Sulla porta degli uffici era apparso un cartello che annunciava la sospensione
Revocata la decisione del Tribunale del Riesame di chiudere i battenti per due mesi dal 1 settembre al 31 ottobre. Lo stop era stato annunciato con un semplice cartello affisso alla porta della sezione speciale.
Il presidente del Tribunale Francesco Monastero nella notte ha convinto al dietrofront Bruno Azzolini, presidente della sezione riservata, a decidere sulle istanze di riforma delle misure cautelari.
Durante la giornata di giovedì 31 agosto, in vista della chiusura degli uffici programmata per il giorno seguente, era scattata la rivolta degli avvocati che avevano commentato sottolineando l'assurdità di una scelta simile.
L'avvocato Alessandro Diddi, già difensore di Salvatore Buzzi in Mafia Capitale aveva condannato aspramente la scelta del presidente della sezione speciale: “È un provvedimento di una gravità inaudita. Si tratta di un organo che ha come funzione quello della tutela della libertà personale dei cittadini ed è previsto che debba operare anche in periodo feriale”.
Ora il passo indietro sulla sospensione fa tirare un sospiro di sollievo soprattutto ai detenuti che si trovano in custodia cautelare in carcere e vorrebbero fare appello per passare ai domiciliari o addirittura essere liberati.
L’attività di riesame procederà infatti in modo regolare e le udienze non subiranno slittamenti anche se è stata confermata l'ipotesi espressa dall'avvocato Diddi riguardo alla carenza di organico. Diddi aveva comunque sottolineato come la mancanza di personale non doveva in alcun modo inficiare sul lavoro del Tribunale del Riesame: “Se manca organico sono altre funzioni del tribunale che devono essere rallentate, non certo un organo che ha come suo esclusivo compito quello di tutelare la libertà personale, che è all'apice dei valori costituzionalmente garantiti.
La Camera penale di Roma aveva inizialmente proclamato lo stato di agitazione
"Immediata la risposta ufficiale alla decisione della Camera penale di Roma. Ecco il testo del pesantissimo comunicato pubblicato la sera di mercoledì 29 agosto: “Con un semplice avviso, affisso fuori la porta della cancelleria, si è comunicato all’intero Distretto giudiziario del Lazio che per i prossimi due mesi, settembre e ottobre, non saranno fissate le udienze in materia di libertà previste dall’art. 310 del codice di procedura penale. Della serie “chiuso per ferie” ma post-ferie.
Ancora una volta il Tribunale di Roma-sezione distrettuale riesame ha azzerato i diritti di chi si trova in stato carcerazione preventiva, eliminando per due mesi il grado di appello rispetto alle istanze di revoca o sostituzione delle misure cautelari.
Un provvedimento di sospensione che si pone in totale contrasto con le disposizioni del codice che appunto, in materia di libertà personale, sono particolarmente attente a garantire al cittadino una rapida decisione. Dell’APPELLO cautelare deve essere dato IMMEDIATO avviso all’A.G. procedente. Quest’ultima deve trasmettere gli atti ENTRO IL GIORNO SUCCESSIVO all’avviso. Il tribunale è chiamato a decidere ENTRO VENTI GIORNI dalla ricezione degli atti.
Prescrizioni che, evidentemente, per il Tribunale valgono quanto le note “grida” manzoniane.
Disponendo tale sospensione il Tribunale è ancora una volta venuto meno a quella funzione di tutela dei valori supremi cui, in qualità di organo di giustizia, dovrebbe essere costantemente preposto ed ha così inspiegabilmente abdicato al compito di garantire quei principi costituzionali, in primis la libertà personale e l’inviolabilità del diritto di difesa, di cui tutti gli individui, soprattutto quelli privati della libertà personale, dovrebbero poter beneficiare senza riserve.
Né ai cittadini viene fornita alcuna motivazione a fondamento della disposta sospensione. Pur risultando arduo ipotizzare che possa verosimilmente sussistere una qualche spiegazione idonea a giustificare il sacrificio dei principi costituzionali in questione, è inammissibile che il Tribunale abbia del tutto omesso di rendere note le ragioni della propria decisione.
È certo però che i diritti in gioco sono quelli primari di qualunque cittadino coinvolto in un procedimento penale, sicché qualunque sia stata la ragione della sospensione appare evidente che rimedi concreti si sarebbero potuti e dovuti trovare. A tal proposito non possiamo fare a meno di rilevare come di fronte all’aumento spasmodico, da parte della Procura della Repubblica, di richieste di applicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali, il Tribunale abbia prontamente provveduto alla creazione di collegi ad hoc nella Sezione Specializzata Misure di Prevenzione, in modo da far fronte alle nuove istanze.
Di fronte ad un tale annichilimento di principi di rango costituzionale, la Camera Penale di Roma, anche in ossequio alla sua stessa storia, non può e non vuole rimanere silente.
La Camera Penale di Roma chiede pertanto che venga immediatamente revocato il provvedimento di sospensione e anzi insiste e sollecita il Tribunale affinché venga assicurata la fissazione delle udienze previste dall’art. 310 c.p.p. non oltre il termine di 20 giorni dalla presentazione degli appelli così come previsto dalla legge e come avviene nella gran parte dei Tribunali della Repubblica Italiana.
Si proclama immediatamente lo stato di agitazione e si riservano ulteriori iniziative.
Si dispone la trasmissione del presente deliberato alla Presidenza del Tribunale, alla Presidenza della Corte di Appello, al Sig. Procuratore Generale, alla Presidenza della Sezione Riesame.
Si trasmette inoltre al Presidente e alla Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane e al coordinamento delle Camere Penali del Distretto".