Roma

Vaiolo scimmie, Andreoni rilancia l'allarme: “L'Italia tra i Paesi più colpiti

L'Infettivologo di Tor Vergata, Massimo Andreoni: “Ad oggi 40 casi al giorno, non facciamoci trovare impreparati. Il veicolo principale di trasmissione

Al 22 giugno i casi confermati di vaiolo delle scimmie erano poco più di 3.400 in Europa. A meno di un mese di distanza, il 12 luglio, sono oltre 10.600 e l'Italia, con quasi 40 contagi al giorno e 292 pazienti accertati, è tra i Paesi più colpiti dall'epidemia di Monkeypox.

A fare il punto è Massimo Andreoni, primario di infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), che al tema dedica il webinar 'Il vaiolo delle scimmie: facciamo chiarezza', realizzato in collaborazione con il provider di formazione Ecm per medici e operatori sanitari Consulcesi Club. Diffuso inizialmente in esclusiva per i membri del club, ora diventa corso di formazione a distanza (Fad) accessibile a tutti i professionisti della salute, con l'obiettivo di supportarli nel contrastare disinformazione e allarmismo.

Vaiolo scimmie, Andreoni, Tor Vergata: "Non ci aspettiamo cifre da crisi"

"Sebbene l'Organizzazione mondiale delle sanità non l'abbia ancora definita emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale, si tratta della più grande epidemia registrata al di fuori delle nazioni africane, dove la malattia è endemica", sottolinea Andreoni. Anche se "non ci aspettiamo che la diffusione del virus raggiunga cifre da mettere in crisi il sistema sanitario", premette, "abbiamo imparato che è fondamentale non farsi cogliere impreparati". Per questo "è essenziale avere un buon sistema di diagnosi ben distribuito su tutto il territorio - avverte - Fare riferimento ai centri specializzati per i casi più anomali e difficili va bene, ma dovremmo attrezzare molti più laboratori lungo tutto il territorio per essere in grado di fare diagnosi precoci. Ecco, nel rispondere alle esigenze diagnostiche, temo siamo un po' indietro al momento - osserva l'infettivologo - E non perché non abbiamo le tecnologie o i sistemi per fare le diagnosi, anzi, ma perché questi non sono distribuiti adeguatamente sul territorio".

Per Andreoni la parola d'ordine resta 'formazione': "Abbiamo sentito parlare molto di 'trasmissione sessuale' - ricorda - Una definizione alquanto impropria per un virus che si può trasmettere invece attraverso le vie aeree e il contatto", precisa lo specialista, anticipando in una nota alcune delle false credenze smontate durante l'evento online: "Viene da sé che sì, con l'atto sessuale, dal momento che vi è contatto, il virus può diffondersi, ma non perché questo sia il principale canale che utilizza per farlo", chiarisce l'esperto.