Vaticano: le tappe di una guerra intestina tra i tradizionalisti e il Papa
Tra scandali e complotti all'ombra di Piazza San Pietro
di Diana Maltagliati
È di nuovo bufera in Vaticano, dove gli attacchi a Papa Francesco arrivano dall'interno della Chiesa: da un lato l'ex revisore dei conti vaticani Libero Milone che rivela di aver lasciato il proprio ruolo solo dopo le intimidazioni ricevute, dall'altro l’ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi che gli dà dell'eretico e poi fa passi indietro.
L'ultimo pontefice è uno dei più contestati della storia, non dai fedeli o dai credenti di altre religioni, ma da branche stesse della Chiesa che sembrano non avere alcuna remora a rivolgergli accuse anche molto pesanti. È quanto successo con l'esortazione apostolica Amoris Laetitia, che nonostante sia stata pubblicata l'8 aprile 2016 è stata contestata solo in questi giorni. La lettera per punti dei tradizionalisti presentata al Santo Padre e firmata Ettore Gotti Tedeschi è datata 11 agosto, ma è stata diffusa a mezzo stampa solo nelle ultime ore. La formula scelta è quella della contestazione formale e già Papa Francesco si era esposto dicendo “se sbaglio mi correggerete”. Detto, fatto, nonostante l'ex presidente dello Ior abbia fatto una leggera retromarcia confermando il suo amore e il suo rispetto per il Pontefice e definendo il suo ammutinamento come “atto devoto”. Se da un lato non si fa nessun accenno al fatto che il Papa sia eretico, dall'altro quanto scritto sottolinea come le sue parole possano essere fraintese, facilitando eresie. Il colpo di mano, inoltre, è sottolineato dal fatto che la mancata risposta formale del Papa abbia portato i firmatari – inizialmente 40 tra sacerdoti e studiosi laici, oggi più di 60 – a pubblicare i punti di criticità dell'esortazione apostolica sull'amore nella famiglia.
Il secondo caso, quello riferito alle intimidazioni ricevute dall'ex revisore dei conti vaticani Libero Milone, non mette al centro il Papa, ma alza un polverone di enormi dimensioni intorno a San Pietro. Milone si è dimesso il 19 giugno, nel silenzio della stampa, ma ora ha chiamato a raccolta alcuni giornali ed agenzie per rivelare la sua verità sulle dimissioni: “Sono stato minacciato di arresto. Il capo della Gendarmeria mi ha intimidito per costringermi a firmare una lettera che avevano già pronta”, ha dichiarato, precisando di aver chiesto più volte di incontrare il Papa di persona, rimanendo inascoltato. Le sue parole nei confronti del Pontefice, però, sono solo di approvazione: se non è riuscito a vederlo prima di essere allontanato dal suo incarico, Milone dà la colpa solo alla Gendarmeria. “Mi spiace molto per il Papa. Con lui ho avuto un rapporto splendido, indescrivibile, ma nell’ultimo anno e mezzo mi hanno impedito di vederlo. Evidentemente non volevano che gli riferissi alcune cose che avevo visto. Volevo fare del bene alla Chiesa, riformarla come mi era stato chiesto”, ha rivelato. Ora su di lui gravano accuse pesantissime: “Risulta purtroppo che l'Ufficio diretto dal Dott. Milone, esulando dalle sue competenze, ha incaricato illegalmente una Società esterna per svolgere attività investigative sulla vita privata di esponenti della Santa Sede – è la nota diffusa dalla Sala Stampa Vaticana stessa dopo le dichiarazioni dell'ex revisore dei conti - Questo, oltre a costituire un reato, ha irrimediabilmente incrinato la fiducia riposta nel Dott. Milone, il quale, messo davanti alle sue responsabilità, ha accettato liberamente di rassegnare le dimissioni".
Papa Francesco, durante la benedizione dell'Angelus di domenica a mezzogiorno non ha fatto parola né di un caso né dell'altro, ma d'altronde non è mai capitato che commentasse le crisi interne della Chiesa durante gli incontri coi fedeli.
Già all'inizio dell'anno il Vaticano era incappato in uno scandalo, questa volta riguardo ai Cavalieri di Malta. Quando il Gran Cancelliere Albert von Boeselager è stato accusato di aver fatto distribuire decine di migliaia di preservativi nel corso di un programma assistenziale in Myanmar, il Papa è intervenuto in maniera diretta con una lettera all'Ordine dei Cavalieri di Malta, che però non è tenuto secondo le leggi della Chiesa a dover rispettare le imposizioni “dall'alto”. Francesco in quell'occasione aveva sottolineato che non si trattava di un obbligo, ma consigliava caldamente il Gran Maestro dell’Ordine Matthew Festing a lasciare la propria posizione il prima possibile. Un delegato papale era poi stato mandato alla sede principale dell'Ordine per un'indagine interna.
La questione, passata quasi inosservata a livello di opinione pubblica, era schizzata sulle cronache italiane quando Roma è stata tappezzata di manifesti contro Papa Francesco: “A France', hai commissariato Congregazioni, rimosso sacerdoti, decapitato l'Ordine di Malta e i Francescani dell'Immacolata, ignorato i Cardinali... ma n'do sta la tua misericordia?”. I poster sono rimasti in circolazione solo nella primissima mattinata del 4 febbraio, qualche ora appena, insomma, ma abbastanza per minare le fondamenta del potere papale alla “corte di San Pietro”.
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