Roma

Via Botteghe Oscure: leggenda del palazzo costruito con l'oro di Mussolini

di Patrizio J. Macci

Alfio e Alvaro Marchini edificarono la storica sede del Pc trasformata da Angelucci in super hotel di lusso. La storia

Per mezzo secolo l’indirizzo del Partito comunista è stato via delle Botteghe Oscure 4 (ad apotecas oscurae in latino), un edificio imponente nello skyline del Dopoguerra, un vero e proprio fortino nel cuore di Roma. “Il bottegone” lo battezzò con un felice guizzo linguistico Giampaolo Pansa.

Il palazzo fu edificato da due costruttori comunisti, i fratelli Alfio e Alvaro Marchini, su sollecitazione di Palmiro Togliatti. Una leggenda costruita ad arte voleva insinuare che a finanziare l’edificazione fosse stata una parte dell’oro sequestrato dai partigiani il giorno della fucilazione di Benito Mussolini.

E i democristiani provarono per questo a ribattezzare Botteghe Oscure “Palazzo Dongo” ma ebbero in risposta, un dossier secondo cui il palazzo dello scudocrociato all’Eur era stato costruito grazie a delle “plusvalenze” sugli acquedotti romani: a brigante risposero con brigante e mezzo e la polemica fu presto seppellita.

Pochi sanno che invece fu l’occhio acuto di un esperto geometra messo sulla buona strada dagli stessi Marchini a edificare il “Pentagono del Pci” bruciando i tempi e le difficoltà. Lo racconta Filippo Ceccarelli finissimo biografo della Prima Repubblica. In principio fu la redazione de “Il lavoro fascista” in via IV novembre la sede del Pci. Ma gli Alleati non furono d’accordo perché quel palazzo piaceva a loro. E così la sede comunista dovette trasferirsi alla “Ramb”, la Regia Azienda delle Banane, in piazza Sant’Andrea della Valle. Ma anche lì durò poco. Nel giro di un paio di mesi - racconta il giornalista di Repubblica - lo stato maggiore del Pci, Palmiro Togliatti in testa, si trasferì in via Nazionale ma c’era troppo poco spazio, però, e sicurezza zero, come dimostrò un attentato fallito per un soffio. Il partito si lambicca per trovare una soluzione. “Serve una vera e propria cittadella, polifunzionale e, moderna, militarmente difendibile, versatile (anche come luogo di pubblica adunata) e infine prestigiosa” pensava Togliatti.Ancora Ceccarelli: “Era il 1945. La lunga ricerca terminò nei primi giorni quell’anno». La nuova sede, secondo i desideri del Migliore, doveva avere i seguenti precisi requisiti: “Posizione centralissima, capienza di un paio di centinaia di vani, autonomia completa in modo che si potesse controllare chi entrava e chi riusciva, un balcone di una certa imponenza per i discorsi da fare in eventuali comizi, un’architettura moderna e priva di ornamentali borghesi”. 

Via Botteghe Oscure, 4 e l'ordine di Togliatti: “Cercate un palazzo”

“Caparbio e determinato Togliatti sguinzagliò alla ricerca di un palazzo simile il geometra Fausto Marzi Marchesi che lavorava con i Marchini. Racconta sempre Ceccarelli: “Quasi sotto la scalinata dell’Aracoeli, l’Unione nazionale di Riassicurazione possedeva un cantiere: era stato costruito un solo piano del palazzo. Poi i lavori erano stati interrotti per le difficoltà della guerra. Marzi Marchesi e i fratelli Marchini acquistarono il cantiere per 32 milioni. Poi aggiungendone un altro centinaio, nell’autunno del 1946, riuscirono a mettere a disposizione dei compagni un palazzo che corrispondeva ai desideri del Migliore. Era costato “300 milioni”, scrissero i giornali avversari. Di Botteghe Oscure ogni stanza divenne oggetto di racconti. La “foresteria” dove Togliatti si ritirava a riposare con Nilde Iotti. Il “garage” che era una sorta di hangar, una base logistica e un luogo per incontri segreti tra esponenti delle diverse correnti.Infine c’era “il secondo piano”, che era il cervello del palazzo, un luogo che si nominava abbassando il tono della voce: le stanze del segretario. 

Via Botteghe Oscure, 4: i portoni erano di acciaio anti sfondamento

I negozi che affacciavano su strada di Botteghe Oscure ospitavano la mitica libreria Rinascita, con i reparti di cultura e politica più forniti di Roma. I portoni di Botteghe oscure a volta tonda di acciaio blindato hanno resistito a ogni tentativo di sfondamento, dagli autonomi ai fascisti sono stati respinti con perdite.  Avevano previsto tutto i progettisti: c’erano anche un ambulatorio con due medici per turno, un ufficio postale e l’enorme salone del comitato centrale con la cassaforte nera, il monolite che ospitava i finanziamenti di Mosca. Il parlamento comunista.Per difendere il Palazzo avevano installato una potente pompa idrica per alimentare gli idranti anti-assalto ubicati nell’atrio, un motore diesel alimentava una centrale di corrente (perché il palazzo non restasse mai senza elettricità) e infine un’armeria con pistole e fucili sempre oliati e carichi.

Via Botteghe Oscure, 4: sul tetto una sirena per avvertire “i compagni”

Sul tetto del palazzo hanno raccontato gli uomini della scorta di Berlinguer “fu montata una potentissima sirena. Serviva per allertare i compagni in caso di pericolo”. Armando Cossutta diceva: “Se possibile facciamola più potente”. Il giorno del primo collaudo l’impatto sonoro fu così assordante che avevano il terrore di premere di nuovo quel pulsante. Non suonò mai più”. Nel 1957 Botteghe Oscure subì un tentativo di assalto dai militanti missini a colpi di molotov, furono respinti e legnati. Nel 1978 Marco Pannella riuscì ad affacciarsi tra i due battenti del portone blindato per una protesta nonviolenta, ricevendo in cambio un ceffone da un addetto della vigilanza. Dopo andarono a fumare insieme al bar di Vezio.

Via Botteghe Oscure, 4: la cessione del palazzo firmata da Veltroni

Il fortino rosso aveva resistito ad ogni tipo di assalto, aveva fatto nascere amori, inimicizie era stato un luogo sacro per milioni di persone. Cadde infine per cause economiche. Nel 2000 il segretario Walter Veltroni diede al tesoriere dell’epoca l’incarico di mettere in vendita il Bottegone per coprire la voragine economica lasciato dagli eredi del Pci. L’ultimo dolore: il palazzo fu acquistato dall’Abi, l’associazione delle banche italiane: Bertuzzi e Menichelli (due uomini della scorta di Enrico Berlinguer) fecero in tempo a visitare la ex sede del Pci un’ultima volta per il docufilm, Ritorno a casa. Lo racconta Luca Telese nel suo libro La scorta di Enrico:“Traversai con loro mezza Italia, per presentare questo documento unico, a metà fra politica e amarcord. A ogni tappa Menichelli sospirava: “Pensa te! Botteghe Oscure ha resistito alle bombe, ed è finita comprata da una banca”.

C'era il Partito Comunista poi i Diesse: in via Botteghe Oscure hotel 5 stelle