Roma
Via la Lupa e SPQR dal simbolo di Roma: una città, mille transenne, anche a costo di noleggiarle dal Comune di Gaeta
La provocazione. Dalle strade ai cantieri sino alle metropolitane: il colpo d'occhio offerto dalle transenne è il segno di un decoro basato sul potere d'interdizione
Roma, la città eterna, è famosa per il Colosseo, il Vaticano, la Fontana di Trevi… e le transenne. Simbolo indiscusso del dinamismo capitolino, onnipresenti in ogni quartiere, le transenne meritano un posto d’onore tra i grandi simboli della città. Perché non rendere giustizia alla loro importanza adottandole come nuovo logo ufficiale di Roma?
L’Emblema della Città Moderna
Immaginate il nuovo stemma di Roma: non più il tradizionale SPQR, ma un'elegante transenna, magari dorata, con il motto "Claudendo, Agimus", oppure un più introspettivo “Transenno, Ergo Sum”. Ironico? Forse. Ma anche incredibilmente appropriato. Le transenne sono ovunque, sempre pronte a ricordarci che Roma è in continuo cambiamento (o almeno, sembra provarci).
La transenna rappresenta:
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Il Potere: Una transenna è, per definizione, un oggetto autoritario. Dove si trova, delimita. Blocca. Decide chi passa e chi no. È il simbolo perfetto del potere che si manifesta nel quotidiano. Non serve un decreto o un proclama: basta una transenna per imporre il proprio dominio su un marciapiede o su una piazza.
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Il Dinamismo: Anche se i lavori dietro la transenna sembrano sospesi nel tempo, l’oggetto in sé comunica dinamismo. È lì a dimostrare che qualcosa (forse) sta succedendo. Magari una buca viene rattoppata, o forse si sta scavando per ammodernare la rete idrica, (che non verrà ammodernata mai). La transenna è un messaggio subliminale: "Stiamo lavorando per voi. Abbiate fede."
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La Resilienza: Pioggia, sole, vento: la transenna resta al suo posto, immobile e incrollabile, come il Colosseo. Se un lavoro inizia oggi e finisce nel 2030, la transenna sarà sempre lì a vigilare, ricordandoci che il tempo è relativo.
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Il Consenso: il Comune di Roma di certo non possiede tutte le transenne che utilizza. Per questo vengono prese in noleggio da privati e cosa c’è di più popolare dell’abbandonare a sé stessa per anni una transenna a tutela e presidio di nulla? Sottoporre all’oblio quel transennamento, a cui ormai anche i cittadini della zona di sono affezionati? Diventa luogo di socializzazione “Ci vediamo lì di fronte alla transenna”.
Un Simbolo Inclusivo
Le transenne non fanno discriminazioni: chiudono indifferentemente strade principali e vicoli nascosti, circondano monumenti storici e buche anonime. Sono democratiche, in un certo senso. Ogni quartiere, dal centro alla periferia, può vantare la sua transenna. Cosa c’è di più inclusivo?
Un Impatto Estetico e Psicologico
Chiunque viva o visiti Roma sa che la città è un puzzle infinito di cantieri. La transenna, con le sue strisce bianche e rosse o il metallo spigoloso, si è integrata così tanto nel paesaggio urbano da diventare una presenza rassicurante. Ti svegli la mattina, esci di casa, e lì trovi una transenna che ti saluta. È un abbraccio psicologico: “Sì, è tutto bloccato, ma almeno c’è coerenza.”
Un marketing Geniale
Pensate al merchandising. Una linea di souvenir con mini-transenne: portachiavi, calamite, persino gadget interattivi che collegano ad immagini tridimensionali virtuali con Roma senza transenne. Irrealistico ma affascinante. “Porta a casa un pezzo di Roma!” potrebbe diventare il nuovo slogan della città.
Conclusione
In un mondo in cui le città si reinventano con loghi moderni e stilizzati, Roma può fare la differenza scegliendo qualcosa di autentico, esclusivo e di profondamente radicato nella vita quotidiana dei suoi abitanti. La transenna non è solo un oggetto, è un manifesto filosofico, un'ode alla pazienza e alla capacità di convivere con l’eterno. Adottarla come nuovo simbolo della città non sarebbe solo un atto di realismo, ma un omaggio sincero alla vera anima di Roma, almeno quella degli ultimi decenni. Roma non è mai stata costruita in un giorno, e grazie alle transenne, possiamo essere certi che non sarà mai "finita".
Paolo Rubini, docente di Economia del Turismo a La Sapienza