Roma
Vince la linea Renzi: Ignazio Marino si è dimesso. Il pressing del Pd evita la mozione di sfiducia
di Fabio Carosi
L'8 ottobre entra di diritto negli annali della città eterna come la giornata della follia isterica. Asserragliato come in fortino, per ordine di Matteo Renzi. il Pd molla l'ancora e lascia il sindaco alla deriva. Ci vogliono dodici ore perché Ignazio Marino si arrenda.
Dal primo mattino la voce "dimissioni" si diffonde, alimentata dalle continue riunioni del commissario romano Matteo Orfini che incontra, telefona, parla e spiega ad ogni singolo assessore targato Pd, i motivi per lasciare. Marco Causi, Stefano Esposito, Luigina Di Liegro, persino Rossi Doria: tutti, tranne Maurizio Pucci, il delegato ai Lavori Pubblici della corrente di Goffredo Bettini che a prendere ordini da Renzi non ci sta. E probabilmente non lo farà mai.
Alle 13 si riunisce la "giunta della follia", con dimissioni annunciate ma mai formalizzate, la sala della Giunta somiglia sempre più ad una sala operatoria con un paziente terminale che non vuole smettere di respirare anche dopo che le macchine sono state staccate. Da fuori Sel lancia ultimatum: o dimissioni o mozione di sfiducia, mentre nella piazza del Campidoglio gli indiani sventolano bandiere e attendono la capitolazione del fortino.
Si scalda il Cinque Stelle che, forte dei sondaggi, si prepara a governare Roma; si scalda il centrodestra di Fratelli d'Italia, la cui denuncia alla Procura sulle spese di rappresentanza somiglia a una bomba incendiara lanciate nella stanza del sindaco. E sorride Alfio Marchini, anche lui forte di un sondaggio che lo da al 22 per cento e che spera di catalizzare su di se una città democristiana di destra che ha eletto sindaci di sinistra. Persino la Lista Salvini mette in frigo lo champagne, perché su Roma si presenta come una corazzata. In Campidoglio riappare pure Forza Italia e persino Casapund si mette a cantare.
E Marino? Impassibile, immobile. Ascolta gli assessori e pi chiama i presidenti di Municipio per fare la conta: chi è con me, chi non è con me.
Dimissioni in tasca, il commissario Orfini riunisce tutti al Nazareno e poi ri-spedisce in Campidoglio li giudice-assessore Alfonso Sabella e il vice Marco Causi. E' l'ultima mediazione possibile, poi il Pd farà saltare il banco presentando una mozione di sfiducia che andrà in Consiglio non prima di una decina di giorni. Per primi l'hanno presentata i "ragazzi" del Cinque Stelle. Sono le 19: dal primo tam tam sono passate 12 ore. Arriva la resa del sindaco. Ex sindaco.