Roma
Virus moda: Marseglia ad Altaroma 2020 si arrende alla fantasia animalist
Leoni, leonesse, domatrici di altri tempi, e tessuti di alga: la storia che il designer campano Marseglia racconta ad Altaroma 2020
di Tiziana Galli
La moda è un virus misterioso, che prende alla testa e non lascia scampo, soprattutto quando si hanno idee e ideali. Italo Marseglia attraverso un percorso creativo fatto di sogni e posti incantati scrive la sua storia e rispetta l’ambiente. E' uno dei protagonisti di Altaroma 2020.
Leoni, leonesse, domatrici di altri tempi, tanto romanticismo e fantasia: questa è la storia che il designer campano ha deciso di raccontare in questa edizione di Altaroma. Con colori e seduzioni ludiche, tagli al laser e contenuti fetisch, in una bilanciata fusione di tradizione e innovazione prende forma una collezione estremamente attuale e scrupolosamente green.
Marseglia, come nasce Zoomantic, la collezione Autunno/Inverno 2021?
“Mi sono lascato conquistare da due eroine ottocentesche, Olga Jeannet e Claire Heliot, le prime due domatrici circensi mai esistite. Il traino è stata la mia passione per gli animali. Il nome “Zoomantic”, nasce da qui: è un bestiario romantico, ricco di ricordi e spensieratezza infantile. Anche le forme sono puerili e fetisch al tempo stesso”.
La particolarità delle sue ultime collezioni consiste nella sua tecnica di upcycling, cos’è di preciso?
“E’ una sorta di patchwork e “Zoomantic” è la terza collezione che nasce in questa logica: tutto parte dalla collaborazione che abbiamo avviato con il tessutaio francese “Sophie Hallette”, produttore di pizzi per le maison più famose di alta moda, come ad esempio Chanel, Dior o Hermès. Grazie a questa sinergia noi recuperiamo il loro materiale di scarto, quello che manderebbero al macero per essere bruciato, producendo inevitabilmente anidride carbonica”.
Questo riciclo riduce i prezzi?
“L’alto valore umano della lavorazione del patchwork incide profondamente sui costi, pertanto, quest’anno abbiamo fatto una democratizzazione dei manufatti digitalizzando e stampando i disegni dei pizzi di “Hallette”. In questo modo siamo riusciti ad arrivare a un terzo dei prezzi di prima. E così la texture del pizzo viene stampata su cotone biologico, paillettes e tessuto d’alga”.
Un tessuto d’alga? Cos’è?
“In Toscana abbiamo trovato un ragazzo che, con tecniche contemporanee, produce tessuti con fibre utilizzate nel periodo fascista. Le fibre più caratteristiche sono la ginestra, il cardo, o, appunto, l’alga”.
Lei si è fatto conoscere per le sue particolarissime camicie bianche, ora ha virato completamente direzione stilistica?
“No, assolutamente, le camicie ci sono ancora, ma tendiamo a comunicare maggiormente il patchwork. La mia è stata una vera e propria presa di coscienza sulla necessità di salvaguardare l’ambiente”.
In quest’ottica usate anche un particolare riguardo nella scelta delle tecniche di colorazione?
“Certo. Nelle stampe i tessuti nascono di un colore bianco naturale e vengono tinti con una tecnica chiamata “Eco-green” che non prevede dispersione d’acqua e evita l’emissione di sostanze inquinanti alla fine del processo”.